La semplice attività di collaborazione intellettuale tra un commissario e una candidata ad una procedura selettiva non costituisce né una causa di astensione né una causa di incompatibilità

05 Marzo 2024

Con sentenza n. 600 del 4 marzo 2024, il TAR della Lombardia si è pronunciato sull’applicazione in ambito concorsuale delle cause di incompatibilità previste dall’art. 51 c.p.c.

Nel caso di specie, il ricorrente impugnava gli atti di gara e la graduatoria di una procedura selettiva bandita dall’Università degli Studi di Milano Bicocca ex art. 18 comma 1, L. 240/2010 lamentando, principalmente, l’illegittimità della nomina della Commissione di cui faceva parte un professore che aveva svolto attività di collaborazione scientifica con una candidata.

Il TAR della Lombardia ha respinto il ricorso osservando che le ragioni di astensione, da ricondurre a ragioni di parentela, amicizia o inimicizia personale, interessi patrimoniali o, ancora, a peculiari rapporti con una delle parti, ovvero a ragioni di convenienza, debbono essere adattate alla realtà del mondo accademico, in cui rapporti continuativi di collaborazione scientifica rappresentano fonte di sostanziale utilità sia per il professore, che di tale collaborazione si avvale per le proprie attività di ricerca e di didattica, sia per il collaboratore, sia esso dottorando, ricercatore o associato, che acquisisce nozioni e possibilità di introduzione nel mondo scientifico.

Proprio perché il carattere interdisciplinare del mondo accademico richiede sempre più spesso, ai fini di una approfondita analisi delle materie, l’esigenza di collaborazione tra professori e ricercatori, ovvero studiosi di pari o più alto livello, semplice attività di collaborazione intellettuale non costituisce una causa di astensione, né causa di incompatibilità, anche perché la commissione opera collegialmente e i commissari, con equipollenti esperienze e competenze, svolgono un controllo intrinseco idoneo a prevenire la pur possibile inclinazione di qualche componente ad apprezzare maggiormente l’operato di chi sia stato proprio allievo alla scelta dei più meritevoli.

Facendo applicazione dei principi espressi, il Collegio milanese ha escluso che nel caso di specie potesse ravvisarsi una incompatibilità riconducibile alle ipotesi di cui all’art. 51 c.p.c., sostenendo che tra il commissario e la candidata era intercorso solamente un rapporto di collaborazione riconducibile alle ordinarie relazioni accademiche.

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