TAR Toscana, Firenze,  Sez. I, 20 febbraio 2014, n. 349

Giudizio di ottemperenza–Qualificazione in termini pubblicistici del rapporto di lavoro e spettanza trattamento retributivo e contributivo

Data Documento: 2014-02-20
Area: Giurisprudenza
Massima

Se l’esecuzione del giudicato consiste nel pagamento di retribuzioni e nell’effettuazione dei corrispondenti versamenti contributivi, va disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione sollevata dall’INPS, giacché la circostanza che l’Istituto previdenziale sia rimasto estraneo alla controversia dalla quale origina il giudicato non è ostativa alla sua partecipazione al giudizio di ottemperanza, stante il ruolo essenziale e infungibile che per legge l’INPS è comunque chiamato ad assumere nell’individuare le modalità attraverso cui dare concreta attuazione all’ordine giudiziale di provvedere alla regolarizzazione previdenziale della posizione dei ricorrenti.

Sulla premessa che l’oggetto del giudizio di ottemperanza consiste nella verifica dell’effettivo adempimento da parte dell’amministrazione pubblica dell’obbligo di conformarsi al comando impartito dal giudice della cognizione, si ritiene che il giudice dell’esecuzione sia chiamato non solo ad enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, ma anche – quando emergano problemi interpretativi la cui soluzione costituisca l’indispensabile presupposto della verifica dell’esattezza dell’esecuzione – ad adottare una statuizione analoga a quella che egli potrebbe emettere in un nuovo giudizio di cognizione.

Il giudizio di ottemperanza in relazione ai giudicati del giudice ordinario, secondo la testuale previsione dell’art. 112, comma 2, lett. c) c.p.a., è attivabile unicamente “al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato”, e cioè per dare esecuzione a specifiche statuizioni rimaste ineseguite, e non anche per introdurre nuove questioni di cognizione, a maggior ragione se riservate alla giurisdizione del giudice ordinario.

Contenuto sentenza

N. 00349/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00766/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 766 del 2013, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Menicacci, [#OMISSIS#] Celani, Nazareno Fratoni, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Magrini, [#OMISSIS#] Sciarpa, Aurelia Toccaceli, [#OMISSIS#] Faraglia, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Terrosi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Scozzarella, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Abbati, [#OMISSIS#] Solinas, [#OMISSIS#] Felci, Giordano [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Rossi, [#OMISSIS#] Notaristefano, Salvatore Notaristefano, [#OMISSIS#] Notaristefano, [#OMISSIS#] Arteritano, [#OMISSIS#] Piccotti, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti [#OMISSIS#] Amici e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#] in Firenze, via G. Modena 1; 
contro
Università degli Studi di Perugia, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede è domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4; 
Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dagli avv.ti [#OMISSIS#] Sgroi, [#OMISSIS#] Tadris, [#OMISSIS#] Lini, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Fallaci, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale dell’I.N.P.S. in Firenze, viale [#OMISSIS#] 28/A; 
Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Direzione Provinciale di Perugia; 
per l’ottemperanza
alla sentenza della Corte di Appello di Firenze – Sezione Lavoro, n. 702/08 depositata in cancelleria il 18.07.2008.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Perugia e dell’Inps – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2013 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e gli altri litisconsorti in epigrafe – premesso di aver prestato ininterrottamente attività didattica quali docenti incaricati presso l’ISEF di Perugia sino all’anno accademico 2000/2001 (fino al 1997/1998 in forza di contratti a titolo gratuito, poi a titolo gratuito), e di essere stati estromessi dall’insegnamento successivamente alla trasformazione degli ISEF in facoltà universitarie di Scienze Motorie ad opera del D.Lgs. n. 178/1998 – agiscono per l’ottemperanza della sentenza n. 702 del 18 luglio 2008, passata in giudicato, con cui la Corte d’appello di Firenze, in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, ha dichiarato in loro favore la sussistenza di rapporti di pubblico impiego con l’ISEF relativamente agli anni accademici 1998/1999, 1999/2000 e 2000/2001 ed, altresì, accertato il loro diritto al mantenimento, a domanda, delle funzioni didattiche quali dipendenti della Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Perugia fino al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età, condannando la stessa Università al pagamento delle retribuzioni dovute e non corrisposte a decorrere dall’anno accademico 2001/2002 nella misura già goduta dagli interessati presso l’ISEF.
Espongono i ricorrenti che, in esecuzione della decisione predetta, l’Università di Perugia avrebbe versato le retribuzioni loro spettanti per gli anni accademici fino al 2008/2009, ma non ancora eseguito il corretto versamento dei corrispondenti contributi previdenziali. Inizialmente, i versamenti contributivi sarebbero stati infatti non correttamente eseguiti presso l’INPDAP e, pur avvedutasi dell’errore sin dall’aprile del 2011, l’Università non avrebbe ancora provveduto a regolarizzare le loro posizioni previdenziali, anzi, da ultimo avrebbe opposto che spetta all’INPS perfezionare tale regolarizzazione nell’ambito del suo rapporto con l’INPDAP. Di fatto, la posizione contributiva dei ricorrenti risulterebbe irregolare a partire dall’anno 1998, con la conseguente perdita di scatti pensionistici per alcuni, ovvero del diritto alla pensione per altri; inoltre, nei casi in cui i versamenti sono stati effettuati regolarmente presso l’INPS (vale a dire per gli anni più recenti), questi sarebbero stati effettuati a titolo di “attività di collaborazione” e non di “lavoro dipendente”, in violazione del giudicato.
1.1. Ciò posto, i ricorrenti chiedono ordinarsi all’Università di Perugia di versare all’A.G.O. i contributi previdenziali relativi alle retribuzioni loro corrisposte in esecuzione della sentenza n. 702/2008, nonché di regolarizzare il titolo dei versamenti già eseguiti; ma agiscono in via subordinata anche nei confronti dell’INPS, per ottenere da quest’ultimo la ricostruzione della loro posizione contributiva laddove dovesse accertarsi la correttezza dei versamenti frattanto eseguiti dall’Università.
2. Dal canto suo, l’Università di Perugia conferma di aver inizialmente versato presso l’INPDAP i contributi previdenziali dovuti in conseguenza della pronuncia della Corte d’appello di Firenze, salvo convenire con lo stesso Istituto circa l’erroneità di tale soluzione e, a partire dall’anno accademico 2010/2011, provvedere al versamento presso l’A.G.O. dell’INPS. Vanamente essa avrebbe poi richiesto ad INPS e INPDAP di trasferire nella gestione ordinaria i contributi indebitamente versati in precedenza all’INPDAP, ovvero di restituirli, incorrendo nella vessatoria pretesa dell’INPS di versamenti in misura almeno corrispondente ai minimi contributivi, quando i rapporti di lavoro in questione sarebbero invece caratterizzati da retribuzioni notevolmente inferiori a quelle minime di legge, giacché parametrate sul ridotto impegno orario profuso dai ricorrenti presso l’ISEF all’epoca di entrata in vigore della legge n. 127/1997 (contenente la delega attuata con il D.Lgs. n. 178/1998 cit.) e sugli emolumenti dagli stessi ricorrenti percepiti all’epoca. La peculiarità della situazione imporrebbe, ragionevolmente, di commisurare il versamento contributivo all’ammontare delle retribuzioni effettivamente versate, e non ai minimi contrattuali, tenuto anche conto del fatto che per taluni ricorrenti o alcune annualità i rapporti di lavoro in questione non avrebbero avuto in concreto alcuno svolgimento.
2.1. L’INPS, a sua volta, eccepisce in via pregiudiziale il proprio difetto di legittimazione passiva, deducendo di essere estraneo al giudicato delle cui esecuzione si tratta; e, comunque, contesta di aver mai ostacolato la regolarizzazione della posizione previdenziale degli odierni ricorrenti, avendo sempre indicato all’Università di Perugia gli adempimenti da porre in essere a tal fine (la esatta quantificazione dei rapporti di lavoro in termini di giornate/ore lavorate) ed essendosi limitato ad esigere il rispetto di cogenti disposizioni di legge (l’art. 1 del D.L. n. 338/1989, in forza del quale la retribuzione da prendere a base per il calcolo dei contributi non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilite da regolamenti o contratti collettivi o individuali).
3. Ricostruite in tal modo le contrapposte posizioni delle parti, va in primo luogo chiarito quale sia il contenuto del comando giurisdizionale posto in esecuzione.
3.1. Il Tribunale di Perugia, in funzione di giudice del lavoro, con la sentenza n. 1040 del 24 giugno 2002 ha accertato per gli anni accademici dal 1998/1999 al 2000/2001 l’esistenza di un rapporto di pubblico impiego originato dagli incarichi di insegnamento conferiti agli odierni ricorrenti dall’ISEF di Perugia in virtù di contratti a titolo gratuito, e dichiarato il diritto dei ricorrenti medesimi alla retribuzione già in godimento alla data di entrata in vigore della legge n. 127/1997 (recante la delega legislativa per la trasformazione degli ISEF in Facoltà universitarie di Scienze Motorie e la disciplina transitoria dei rapporti di impiego con il personale docente non universitario) e alla regolarizzazione contributiva, assistenziale e previdenziale, nonché al mantenimento – a domanda – delle funzioni didattiche presso la Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Perugia con lo stato giuridico e il trattamento di legge. La pronuncia è stata inizialmente riformata dalla Corte d’appello di Perugia (sentenza n. 246/2004), a sua volta cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, la quale, con la più volte citata sentenza n. 702/2008, ha respinto il gravame e confermato la decisione di primo grado (fatta eccezione per la posizione del solo prof. Vincenzini), condannando l’Università di Perugia al pagamento delle retribuzioni spettanti ai ricorrenti a far data dall’anno accademico 2001/2002 nella misura in godimento alla data di entrata in vigore della legge n. 127/1997.
Come si vede, le statuizioni coperte dal giudicato afferiscono alla qualificazione in termini pubblicistici del rapporto di lavoro intercorso fra i ricorrenti e l’ISEF ed alla consequenziale spettanza di un trattamento retributivo parametrato a quello già in godimento ai lavoratori, accompagnato dalla regolarizzazione contributiva ed assistenziale, per gli ultimi tre anni accademici alle dipendenze dell’ISEF, oltre che al diritto dei ricorrenti al mantenimento delle funzioni didattiche alle dipendenze della Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Perugia, succeduta ex lege all’ISEF, con il medesimo trattamento economico già in godimento. Se dunque l’esecuzione del giudicato consiste, per quanto qui interessa, nel pagamento di retribuzioni e nell’effettuazione dei corrispondenti versamenti contributivi, va in prima battuta disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione sollevata dall’INPS, giacché, alla luce del condivisibile indirizzo giurisprudenziale richiamato dagli stessi ricorrenti, la circostanza che l’Istituto previdenziale sia rimasto estraneo alla controversia dalla quale origina il giudicato non è ostativa alla sua partecipazione al giudizio di ottemperanza, stante il ruolo essenziale e infungibile che per legge l’INPS è comunque chiamato ad assumere nell’individuare le modalità attraverso cui dare concreta attuazione all’ordine giudiziale di provvedere alla regolarizzazione previdenziale della posizione dei ricorrenti (cfr. C.G.A.R.S., sez. giurisdiz., 22 dicembre 2005, n. 964).
3.2. Costituisce invece questione di merito valutare, nei limiti della cognizione riservata al giudice amministrativo in sede di ottemperanza, se la condotta tenuta dall’INPS nella fattispecie integri o meno violazione del giudicato e implichi l’adozione di provvedimenti nei suoi confronti.
Al riguardo, è noto che la giurisprudenza della Corte regolatrice, sulla premessa che l’oggetto del giudizio di ottemperanza consiste nella verifica dell’effettivo adempimento da parte dell’amministrazione pubblica dell’obbligo di conformarsi al comando impartito dal giudice della cognizione, ritiene che il giudice dell’esecuzione sia chiamato non solo ad enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendone il significato reale, ma anche – quando emergano problemi interpretativi la cui soluzione costituisca l’indispensabile presupposto della verifica dell’esattezza dell’esecuzione – ad adottare una statuizione analoga a quella che egli potrebbe emettere in un nuovo giudizio di cognizione. Tuttavia, detto potere integrativo incontra il consueto limite esterno della giurisdizione amministrativa, con la conseguenza che, quante volte la cognizione della questione controversa, la cui soluzione sia necessaria ai fini della verifica dell’esatto adempimento dell’amministrazione obbligata, risulti devoluta ad altro giudice, soltanto questi può provvedere al riguardo (cfr. Cass., SS.UU., 19 dicembre 2011, n. 27277; 19 luglio 2006, n. 16469; 20 novembre 2003, n. 17633).
Ora, è palese che la misura della contribuzione previdenziale gravante sull’Università di Perugia in dipendenza dei rapporti di impiego intrattenuti con i ricorrenti non costituisce presupposto logico-giuridico, neppure implicito, della decisione del Tribunale di Perugia prima, e della Corte d’appello di Firenze poi. Si tratta, semmai, di un accessorio del riconoscimento del rapporto di impiego e dell’obbligazione retributiva a carico dell’ateneo datore di lavoro, il cui quantum non può però reputarsi coperto dal giudicato, atteso che esso non ha formato oggetto di alcuna domanda delle parti, né di accertamento del giudice; e tantomeno può parlarsi di giudicato opponibile all’INPS, rimasto estraneo alla lite.
Non è pertanto nel presente giudizio di ottemperanza che può essere risolto il contrasto insorto fra INPS e Università di Perugia circa l’ammontare dei contributi previdenziali dovuti da quest’ultima; questione che, eccedendo la mera determinazione da parte dell’INPS delle modalità di esecuzione della sentenza da ottemperare, investe il rapporto di provvista tra il datore di lavoro e l’ente previdenziale e, come tale, dovrà eventualmente formare oggetto di separata controversia dinanzi al giudice ordinario ai sensi dell’art. 442 c.p.c. (cfr. Cons. Stato, sez. III, 18 febbraio 2013, n. 956; Cass., SS.UU., 18 dicembre 2009, n. 26641); né può essere ordinato all’Università resistente di integrare al minimo i versamenti contributivi da essa già effettuati, come chiesto dai ricorrenti con la memoria del 18 novembre 2013, trattandosi, ancora una volta, di pronuncia di spettanza del G.O. quale giudice munito della cognizione sul rapporto di lavoro. Del resto, il giudizio di ottemperanza in relazione ai giudicati del giudice ordinario, secondo la testuale previsione dell’art. 112 co. 2 lett. c) c.p.a., è attivabile unicamente “al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato”, e cioè per dare esecuzione a specifiche statuizioni rimaste ineseguite, e non anche per introdurre nuove questioni di cognizione, a maggior ragione se riservate alla giurisdizione di quel giudice (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 dicembre 2011, n. 6773).
4. La domanda può invece trovare accoglimento per la parte che non implica la risoluzione di questioni estranee al giudicato ed in relazione a quegli adempimenti che, pur necessari ai fini della richiesta regolarizzazione contributiva, non risultano allo stato completati.
Fra questi vi è, in primo luogo, la trasmissione all’INPS da parte dell’Università dei dati concernenti i rapporti di lavoro intrattenuti, ancorché figurativamente, con i ricorrenti, trattandosi di rapporti modellati a immagine di quelli in essere con l’ISEF al momento dell’entrata in vigore della legge n. 127/1997. L’ammontare della retribuzione annua e il numero di ore annualmente lavorate da ciascuno dei ricorrenti sono dunque ricostruibili sulla base delle buste paga risalenti all’anno accademico preso a riferimento dalle sentenze del tribunale di Perugia e della Corte d’appello di Firenze al fine di quantificare il trattamento economico spettante agli interessati, tenendo altresì conto delle tre fasce retributive individuate dall’accordo interno tra i docenti e l’ISEF perugino del 22 dicembre 1989, in atti (la retribuzione massima di euro 3.099,00, che l’Università assume percepita solo da alcuni dei ricorrenti, corrisponderebbe alla prima fascia, cui appartengono i docenti con impegno totale di sessanta ore). Si tratta, peraltro, degli stessi elementi utilizzati dall’Università per il pagamento delle retribuzioni arretrate e che potranno formare oggetto di dichiarazione sostitutiva relativamente agli anni per i quali occorra supplirsi alla mancanza di formali contratti di lavoro, come già indicato dall’INPS (si veda la missiva del 17 gennaio 2013).
A sua volta l’INPS, in conformità a quanto affermato nella memoria di replica del 15 novembre 2013, provvederà ad acquisire mediante “giroconto” i versamenti eseguiti dall’Università presso l’INPDAP, mentre per i versamenti eseguiti presso la Gestione separata l’Università formalizzerà la richiesta di storno, così come dovrà provvedere all’integrazione delle denunce a corredo dei versamenti di euro 10.177,00 eseguiti il 22 dicembre 2011 e il 16 novembre 2012, e alla richiesta di correzione della causale dei versamenti che risultino essere stati eseguiti a titolo di attività di collaborazione, anziché di lavoro dipendente.
Perfezionati detti adempimenti, l’INPS provvederà alla definitiva regolarizzazione delle posizioni contributive dei ricorrenti, rilasciandone attestazione agli interessati, ovvero procederà al conteggio e al recupero nelle forme di legge dei contributi che dovesse ritenere ancora dovuti dal datore di lavoro, dandone contestuale notizia ai ricorrenti medesimi.
4.1. Per l’esecuzione degli incombenti sopra elencati è assegnato alle amministrazioni resistenti, ciascuna per quanto di propria competenza, il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della presente decisione. Per l’ipotesi di ulteriore inadempimento, provvederà nei sessanta giorni successivi il Prefetto di Perugia, o un funzionario da lui delegato, il quale opererà in veste di commissario ad acta nei confronti sia dell’Università di Perugia che dell’INPS.
4.2. L’obiettiva complessità della vicenda giustifica la compensazione delle spese processuali fra tutte le parti in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, ordina all’Università di Perugia e all’INPS di provvedere agli adempimenti ivi elencati, ciascuno per quanto di propria competenza;
assegna per l’ottemperanza il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della presente decisione e nomina, per il caso di eventuale, ulteriore inottemperanza, il Prefetto di Perugia affinché provveda nei successivi sessanta giorni quale commissario ad acta, con facoltà di delega, in sostituzione delle amministrazioni resistenti, trasmettendo quindi alla Segreteria di questo Tribunale una relazione sull’attività svolta;
dichiara compensate le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Bellucci, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)