TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 18 giugno 2014, n. 3412

Diniego nulla osta trasferimento da università straniera-Legittimità test preselettivo

Data Documento: 2014-06-18
Area: Giurisprudenza
Massima

Dall’esame degli artt. 1, lett. a), e 4, della legge 2 agosto 1999, n. 264, non emerge in alcun modo che l’obbligo di sostenere il test d’ingresso alle facoltà a numero chiuso operi limitatamente al primo anno di corso, dovendosi, invece, ritenere-stante l’inequivoco disposto normativo- che detto obbligo sussista anche (in assenza di condizioni esimenti) nel caso di domanda di accesso dall’esterno ad anni di corso successivi al primo.
E’ legittimo il diniego, opposto da ateneo italiano, nonostante la disponibilità di posti riservati agli studenti extracomunitari e da questi non utilizzati, alla domanda di trasferimento presentata da studente proveniente da ateneo comunitario. La possibilità, per gli studenti comunitari, di accedere alle graduatorie riservate agli studenti extracomunitari deve essere, infatti, esclusa, in quanto queste ultime sono finalizzate alla formazione di personale che, dopo il conseguimento del titolo di studio, è destinato a rientrare al proprio paese d’origine, senza alcuna incidenza sulla situazione occupazionale italiana (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4556; Tar Lazio, Roma, Sez. II, 11 novembre 2013, n. 9597).

Contenuto sentenza

N. 03412/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04536/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4536 del 2013, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Napoli, viale Gramsci, n. 20; 
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, Seconda Universita’ degli studi di Napoli, rappresentati e difesi per legge dall’Avvoc. Distrett. Stato, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11; 
per l’annullamento
NOTA PROT. N. 23574 DELL’1/8/2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca e di Seconda Universita’ degli studi di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2014 il dott. [#OMISSIS#] Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Col ricorso in epigrafe, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione: – la nota della Seconda Università degli studi di Napoli, prot. n. 23574, del 1° agosto 2013, recante il diniego di trasferimento, per l’anno accademico 2013/2014, dalla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università “Vasile Goldis” di Arad (Romania) al terzo anno di corso della Facoltà di Medicina e chirurgia della Seconda Università degli studi di Napoli; – il bando relativo ai trasferimenti, per l’anno accademico 2013/2014, al corso di laurea in Medicina e chirurgia della Seconda Università degli studi di Napoli (d.d. n. 764 del 2 luglio 2013); – l’art. 27, comma 4, del regolamento didattico della Seconda Università degli studi di Napoli (approvato con d.r. n. 1621 del 16 giugno 2008).
Richiedeva, altresì, la condanna dell’intimata amministrazione universitaria alla condanna alla risarcimento del danno in forma specifica o, in subordine, per equivalente monetario.
2. Il gravato provvedimento declinatorio risultava, segnatamente, motivato in base al rilievo che: – “la l. n. 264/1999 prevede che l’ammissione ai corsi di studio a numero programmato a livello nazionale, tra cui il corso di laurea specialistica in Medicina e chirurgia, avvenga previo superamento di un’apposita prova che è bandita, annualmente, da ciascun ateneo italiano presso cui è attivato un corso di laurea specialistica/magistrale in Medicina e chirurgia”; – “in aderenza alla suddetta previsione di legge, l’art. 27, comma 4, del vigente regolamento didattico … prevede che, ‘salvo diversa delibera del Senato accademico, il trasferimento presso i corsi di studio per i quali sia previsto un numero programmato di accessi è consentito solo agli studenti che partecipano alle prove di ammissione al corso presso la Seconda Università degli studi di Napoli e si collochino in posizione utile nella relativa graduatoria’”; – “la possibilità di deroga a detta previsione regolamentare insita nella riserva di ‘diversa previsione’ rimessa al Senato accademico, relativamente ai corsi di studio a numero programmato nazionale, può riguardare solo la possibilità di uno studente che sia stato immatricolato presso lo stesso corso di studio di altro ateneo italiano previo superamento della prova di ammissione”; – in considerazione di ciò, “l’art. 1 del d.d. n. 764 del 2 luglio 2013 … precisa che ‘… sono consentiti i trasferimenti ad anni successivi al primo, dai corsi di laurea magistrale in Medicina e chirurgia, in lingua italiana, di altri atenei italiani, ai corsi di laurea magistrale in Medicina e chirurgia, in lingua italiana, sedi di Napoli e Caserta, di questo Ateneo esclusivamente a studenti iscritti presso università italiane, che abbiano superato la prova concorsuale per l’ammissione ai corsi di laurea in Medicina e chirurgia in questione in Italia’”; – il successivo art. 3 stabilisce che “non possono, altresì, produrre richiesta di trasferimento/passaggio coloro i quali hanno sostentuto la prova di ingresso presso sedi estere, convenzionate con atenei italiani … né coloro i quali, a seguito di trasferimento, sono iscritti ad anni successivi al primo presso atenei italiani, ma hanno sostenuto la prova di ingresso presso sedi estere, convenzionate con atenei italiani ovvero presso altre università straniere”.
3. Avverso siffatta determinazione il ricorrente rassegnava censure così rubricate: – violazione e falsa applicazione degli artt. 10 bis e 21 octies della l. n. 241/1990; – violazione dell’art. 2 della l. n. 148/2002 (ratifica della convenzione dell’11 aprile 1997 sul riconoscimento dei titoli di studio superiore nel territorio europeo); violazione degli artt. 31 del d.lgs. n. 206/2007 (sul riconoscimento delle qualifiche professionali) e 3 della l. n. 264/1999 (in materia di accesso ai corsi universitari); violazione degli artt. 3, 14, 17 ss. e 165 del TFUE; eccesso di potere; difetto di istruttoria; sviamento; – violazione degli artt. 10 e 12 del r.d. n. 1269/1938, del d.m. n. 270/2004 e della l. n. 264/1999 in materia di accesso ai corsi universitari; violazione degli artt. 3, 14, 17 ss. e 165 del TFUE; eccesso di potere; difetto di istruttoria; sviamento; – violazione degli artt. 2, 4, 33, 34 e 97 Cost.; eccesso di potere per irragionevolezza; difetto di motivazione; violazione della l. n. 264/1999.
In estrema sintesi, lamentava che: – la propria domanda di trasferimento sarebbe stata rigettata senza la preventiva comunicazione dei motivi ostativi al suo accoglimento; – in omaggio alla relativa finalità di contingentamento, piuttosto che di apprezzamento del merito, il superamento di un’apposita prova selettiva sarebbe previsto dall’art. 4 della l. n. 264/1999 unicamente per le immatricolazioni al primo anno di corso di laurea a numero chiuso, e non anche (come, invece, stabilito extra ordinem dall’art. 27, comma 4, del regolamento didattico dell’Università e dal bando relativo ai trasferimenti) per le iscrizioni agli anni successivi da parte degli studenti provenienti da atenei stranieri, le quali, in ragione del ridursi degli iscritti, resterebbero subordinate soltanto alla compatibilità dei percorsi formativi già compiuti; – diversamente opinando, si finirebbe per duplicare, in maniera illogica e discriminatoria, la prova di ammissione nei confronti di chi – come, appunto, il ricorrente – abbia già superato il test preselettivo richiesto dall’ateneo comunitario di provenienza; – l’indirizzo assunto dall’amministrazione universitaria sarebbe, inoltre, irragionevole, in quanto finirebbe per deviare dall’obiettivo precipuo della programmazione nazionale, costituito dall’esigenza di assicurare un’offerta formativa qualitativamente adeguata e proporzionata al bacino di utenza; – esso si porrebbe, vieppiù, in contrasto con i principi comunitari di libertà di circolazione, di soggiorno e di stabilimento, di non discriminazione in base alla nazionalità, nonché di mutuo riconoscimento dei percorsi formativi e dei titoli di studio; – il richiesto trasferimento sarebbe stato, peraltro, rigettato senza tener conto della possibilità di coprire i posti resisi disponibili.
4. Costituitasi l’amministrazione intimata, eccepiva l’infondatezza del gravame esperito ex adverso, di cui richiedeva, quindi, il rigetto.
5. Alla camera di consiglio del 18 dicembre 2013, l’avanzata domanda cautelare veniva accolta con ord. n. 1948/2013, riformata in appello dal Consiglio di Stato con ord. n. 1090/2014.
6. Successivamente, all’udienza pubblica del 9 aprile 2014, la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Alla luce dell’ormai consolidato indirizzo invalso presso la Sezione Sesta del Consiglio di Stato (cfr. sent. n. 2063 del 10 aprile 2012; n. 2866 del 24 maggio 2013; n. 4657, n. 4658 e n. 4659 del 18 settembre 2013; n. 5015 del 15 ottobre 2013; n. 5561 e n. 5562 del 22 novembre 2013), il Collegio ritiene di dover riconsiderare gli approdi raggiunti in sede cautelare e di dover ripudiare, conseguentemente, le censure proposte dal [#OMISSIS#] sulla base delle seguenti argomentazioni.
2. Innanzitutto, a dispetto di quanto assunto da parte ricorrente, dall’esame degli artt. 1, lett. a, e 4 della l. n. 264/1999 non emerge in alcun modo che l’obbligo di sostenere il test d’ingresso alle facoltà a numero chiuso operi limitatamente al primo anno di corso, dovendosi, invece, ritenere – stante l’inequivoco disposto normativo – che detto obbligo sussista anche (in assenza di condizioni esimenti) nel caso di domanda di accesso dall’esterno ad anni di corso successivi al primo.
In questo senso milita il chiaro e univoco tenore dell’art. 4, comma 1, della l. n. 264/1999, il quale, nel prevedere che “l’ammissione ai corsi di cui agli articoli 1 e 2 è disposta dagli atenei previo superamento di apposite prove”, non fa alcuna distinzione fra l’accesso al primo anno di corso e l’ammissione agli anni di corso successivi (‘ubi lex non distinguit, nec nos distinguere debemus’).
Correttamente, dunque, la citata disposizione legislativa – così come dianzi interpretata – è da reputarsi attuata ad opera dell’art. 27, comma 4, del regolamento didattico dell’Università, in base al quale, “salvo diversa delibera del Senato accademico, il trasferimento presso i corsi di studio per i quali sia previsto un numero programmato di accessi è consentito solo agli studenti che partecipino alle prove di ammissione al corso presso la Seconda Università degli studi di Napoli e si collochino in posizione utile nella relativa graduatoria”.
Altrettanto correttamente la complessiva disciplina normativa di rango primario e secondario è da reputarsi applicata dall’amministrazione resistente.
Da una lettura sistematica della disciplina in parola emerge, infatti, che il superamento del test di ammissione ex art. 4, comma 1, della l. n. 264/1999 costituisce un prerequisito per accedere alla procedura selettiva volta al rilascio del nulla osta al trasferimento presso la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università interessata, mentre la valutazione del curriculum studiorum e l’eventuale riconoscimento degli esami sostenuti, delle frequenze e dei crediti didattici acquisiti costituiscono adempimenti logicamente succedanei.
In tale prospettiva ermeneutica, la clausola di salvezza contenuta nel citato art. 27, comma 4 (“salvo diversa delibera del Senato Accademico”), non può, allora, che essere riferita, pena, altrimenti, la violazione dell’art. 4, comma 1, della l. n. 264/1999, alla possibilità di trasferimento di uno studente immatricolato presso altro ateneo italiano (previo superamento della prova di ammissione ed utile collocamento in graduatoria) ad un anno successivo al primo del corso di laurea in Medicina e chirurgia della Seconda Università degli studi di Napoli.
Di qui, dunque, la legittimità del d.d. n. 764 del 2 luglio 2013, recante le condizioni per il trasferimento ad anni successivi al primo, laddove, per l’anno accademico 2013/2014, ha riservato ai soli studenti provenienti da atenei italiani, iscritti ad anni successivo al primo, che abbiano superato la prescritta prova preselettiva, il trasferimento alla Facoltà di Medicina e chirurgia (art. 1), e la legittimità della nota del 1° agosto 2013, prot. n. 23574, la quale, in conformità a tale previsione, ha negato al [#OMISSIS#] il richiesto trasferimento dal corso di laurea magistrale in Medicina e chirurgia dell’Università “Vasile Goldis” di Arad (Romania) al corso di laurea magistrale in Medicina e chirurgia della Seconda Università degli studi di Napoli, in base al rilievo che il trasferimento ad anni successivi al primo è consentito – oltre che agli studenti che abbiano superato l’apposito test preselettivo presso la medesima Seconda Università degli studi di Napoli – soltanto agli studenti immatricolati presso lo stesso corso di studio di altro ateneo italiano previo superamento della relativa prova di ammissione.
3. Non è, poi, fondatamente sostenibile che l’approccio interpretativo sopra accreditato comporterebbe una illogica e discriminatoria duplicazione della prova di accesso a discapito degli studenti che abbiano già superato il test preselettivo richiesto dall’ateneo comunitario di provenienza.
Ed invero, la censurata duplicazione di test preselettivi risponde alla plausibile esigenza di impedire a chi non sia riuscito ad accedere ai corsi di laurea italiani, o neppure si sia sottoposto alle relative prove di ammissione, di iscriversi per trasferimento durante il corso di laurea, e, quindi, di impedire l’aggiramento dei criteri predisposti in sede nazionale per l’ingresso nelle facoltà a numero chiuso.
Una simile ‘modalità elusiva’, ove non scongiurata, determinerebbe, anzi, proprio la discriminazione denunciata da parte ricorrente, a discapito, però, non già degli studenti provenienti da altri atenei comunitari, bensì degli studenti italiani che abbiano regolarmente superato il test preselettivo o che non l’abbiano superato ed abbiano dovuto rinunciare al corso di laurea a numero programmato (cfr. TAR Umbria, Perugia, 28 ottobre 2011, n. 336; 6 marzo 2012, n. 71).
4. Tali considerazioni non restano menomate dall’assunto, di ordine teleologico, secondo cui l’indirizzo seguito dalla Seconda Università degli studi di Napoli tradirebbe la funzione di contingentamento, piuttosto che di apprezzamento idoneativo, rivestita dalla prova di ammissione al corso di laurea in Medicina e chirurgia.
E’ evidente, infatti, che la programmazione nazionale delle immatricolazioni, in vista della quale detta prova risulta allestita, non può arrestarsi al computo delle iscrizioni sostenibili al primo anno, ma include anche necessariamente – pena, altrimenti, la sua sostanziale inutilità – il calcolo previsionale delle iscrizioni sostenibili agli anni successivi, siccome rapportato al naturale fenomeno della ‘mortalità universitaria’ (ricollegabile precipuamente all’abbandono degli studi) e finalizzato ad un’offerta formativa qualitativamente adeguata e proporzionata al bacino di utenza per l’intero corso di laurea.
5. I superiori approdi neppure si pongono in contrasto con gli invocati principi comunitari in tema libertà di circolazione di soggiorno e di stabilimento, nonché di mutuo riconoscimento dei percorsi formativi e dei titoli di studio.
L’ordinamento europeo garantisce, infatti, a talune condizioni, il riconoscimento dei soli titoli di studio e professionali, e non anche delle mere procedure di ammissione, né dispone la libera iscrizione a facoltà universitarie, dopo l’iscrizione in una università di uno degli Stati membri.
Lo stesso art. 165 del TFUE esclude qualunque forma di armonizzazione delle disposizioni nazionali, demandando alla Unione Europea il solo compito di promuovere azioni di incentivazione e di esprimere raccomandazioni.
Emerge, quindi, da una ricognizione del diritto europeo, sia primario che derivato, l’indubbia compatibilità con quest’ultimo della previsione di limitazione all’accesso, da parte degli Stati membri, anche agli anni di corso successivi al primo della Facoltà di Medicina e chirurgia.
Gli Stati membri possono, quindi, prevedere la necessità del superamento, ai fini dell’accesso, di una prova selettiva nazionale ulteriore rispetto a quella eventualmente superata presso un ateneo di un altro Stato membro.
La stessa Corte di Giustizia ha corroborato l’orientamento sopra delineato con le sentenze del 20 settembre 2001, C-184/99 (Grzelczyk), dell’11 luglio 2002, C-224/98 (D’Hoop) e del 23 ottobre 2007, C-11/06 (Morgan).
Posto, dunque, – conformemente alla giurisprudenza comunitaria – che la materia dell’ingresso agli istituti universitari rientra nell’ambito del dominio riservato dei singoli Stati membri, si osserva che non potrebbe pervenirsi a conclusioni diverse rispetto a quelle raggiunte neppure in base all’orientamento giurisprudenziale volto a scrutinare la legittimità dei vincoli all’accesso in base al giudizio di ‘estrema gravosità’ o di ‘ragionevolezza’.
Al riguardo, è sufficiente evidenziare – anche a suffragio di quanto già osservato retro, sub n. 3 – che le modalità delineate dall’ordinamento italiano al fine di regolare l’accesso alle facoltà a numero chiuso (attraverso prove di cultura generale impostate sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore e sulla base dell’accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi) non risultano eccessivamente gravose per uno studente proveniente da un paese terzo e non presentano un grado di selettività eccessivo rispetto a quanto necessario al fine di approntare “misure adeguate a garantire le previste qualità, teoriche e pratiche, dell’apprendimento” (cfr. Corte cost., 27 novembre 1998, n. 383).
7. Ancora, non ha pregio l’argomento secondo cui la resistente amministrazione universitaria avrebbe illegittimamente declinato la domanda di trasferimento del [#OMISSIS#] nonostante la disponibilità di posti.
Al riguardo, in disparte il rilievo che il ricorrente non ha fornito alcuna prova di resistenza in merito alla circostanza che, ove ammesso, si sarebbe utilmente collocato nella graduatoria ex art. 3 del d.d. n. 764 del 2 luglio 2013, il Collegio osserva che nessuna norma dell’ordinamento impone agli atenei italiani di ammettere il trasferimento in entrata di studenti provenienti da atenei stranieri in ragione della mera disponibilità di posti vacanti.
8. Quanto, infine, alla denunciata omissione della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di trasferimento presentata dal [#OMISSIS#], deve osservarsi che detta comunicazione è assimilabile a quella relativa all’avvio del procedimento, in quanto entrambi gli atti hanno lo scopo di permettere un effettivo confronto tra l’amministrazione e i privati anteriormente all’adozione di un provvedimento negativo, in modo che non siano trascurati elementi istruttori utili alla decisione finale.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, l’identità di funzione consente, quindi, di affermare che anche la mancanza della comunicazione ex art. 10 bis della l. n. 241/1990 incide sulla validità dell’atto conclusivo del procedimento nei soli limiti previsti dal successivo art. 21 octies, comma 2, ossia qualora abbia determinato un deficit istruttorio; il che non si verifica, qualora il contenuto dispositivo del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ossia quando la denunciata violazione formale non abbia inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo provvedimento impugnato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4828; sez. III, 27 gennaio 2009, n. 7; sez. V, 19 giugno 2009, n. 4031; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 10 maggio 2006, n. 1183; Brescia, 20 agosto 2008, n. 862; TAR Lazio, Roma, sez. II ter, 15 giugno 2007, n. 5503; sez. II bis, 3 maggio 2007, n. 3917; TAR Molise, Campobasso, 2 aprile 2008, n. 113; TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 3 aprile 2008, n. 1245; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 25 marzo 2009, n. 1611).
Nel caso in esame, alla luce della disamina compiuta retro, sub n. 2-7, il contenuto del provvedimento impugnato si è rivelato immune dai vizi sostanziali lamentati dal ricorrente; per modo che non può ricollegarsi portata infirmante alla dedotta omissione del preavviso di rigetto.
10. Conclusivamente, stante la ravvisata infondatezza delle censure proposte e della sollevata questione di compatibilità con l’art. 165 del TFUE, così come dianzi scrutinate, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.
11. Considerata la peculiarità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Minichini, Presidente
Michelangelo [#OMISSIS#] Liguori, Consigliere
[#OMISSIS#] Di Popolo, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)