Cons. Stato, Sez. VII, 18 marzo 2024, n. 2578

Procedimenti disciplinari nei confronti dei docenti universitari: la discrezionalità nel valutare i fatti ha un limite

Data Documento: 2024-03-18
Autorità Emanante: Consiglio di Stato
Area: Giurisprudenza
Massima

Nella valutazione della responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, il giudizio si svolge con una larga discrezionalità da parte della P.A. sull’apprezzamento della gravità delle infrazioni addebitate e della conseguente sanzione da irrogare, non potendo il giudice amministrativo sostituirsi alla P.A. in ordine alla valutazione dei fatti contestati: è altrettanto vero, però, che tale principio incontra un’importante deroga nei limiti in cui la valutazione medesima contenga un travisamento dei fatti, ovvero il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente: ipotesi, questa della mancanza di un processo logico e coerente alla base del convincimento espresso dalla P.A., da rinvenire per quanto detto nella fattispecie in esame.

Contenuto sentenza

02578/2024 REG.PROV.COLL.

08577/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8577 del 2023, proposto dal prof.
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. OMISSIS e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;

contro

Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-” -OMISSIS-, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata ex lege presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma,

previa sospensione dell’esecutività,

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sezione Sesta, n.-OMISSIS- del 25 luglio 2023, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, R.G. n. -OMISSIS-.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista l’istanza di sospensione della sentenza impugnata, presentata in via incidentale dall’appellante, e preso atto della rinuncia alla stessa;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-” -OMISSIS-;

Vista la documentazione depositata dall’Università appellata;

Vista la memoria finale dell’appellante;

Viste le rispettive istanze delle parti di passaggio della causa in decisione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2024 il Cons. OMISSIS e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe il prof. -OMISSIS- ha impugnato la sentenza del T.A.R. Napoli, Sez. VI, n.-OMISSIS- del 25 luglio 2023, chiedendone l’annullamento e/o la riforma, previa sospensione dell’esecutività.

1.1. La sentenza appellata ha respinto il ricorso integrato da motivi aggiunti, proposto dal predetto prof. -OMISSIS- per ottenere l’annullamento:

a) della delibera n. -OMISSIS-, con cui il Consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-” ha disposto l’irrogazione al ricorrente della sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per mesi uno, con decorrenza dal 1° agosto 2020 ai sensi degli artt. 87 e 89, lettere b)c), del r.d. n. 1592/1933, con perdita degli emolumenti, esonero dall’insegnamento e dalle funzioni accademiche per detto periodo, perdita dell’anzianità e preclusione della nomina per dieci anni solari dalle funzioni di Rettore dell’Università o direttore di Istituzione universitaria;

b) decreto rettorale n.-OMISSIS-con il quale è stata irrogata la prof. -OMISSIS- la sanzione della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per mesi uno, dal 1° agosto 2020 fino al 31 agosto 2020;

c) dei verbali del Collegio di disciplina n. -OMISSIS-, n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS- nonché degli ulteriori atti presupposti e connessi. Il verbale del 22 maggio 2020 reca in allegato il parere vincolante del Collegio, anch’esso oggetto di impugnazione.

1.2. La sanzione è stata inflitta al ricorrente – professore ordinario a tempo pieno di progettazione architettonica e urbana e di composizione architettonica presso l’Università “-OMISSIS-” – per avere egli assunto dal 2012 al 2016 incarichi extraistituzionali senza averne previamente comunicato all’Ateneo il conferimento e senza averne chiesto l’autorizzazione.

2. Il T.A.R. ha respinto il ricorso del prof. -OMISSIS- muovendo dalla distinzione tra “attività di collaborazione scientifica e di consulenza”, che i docenti universitari con regime c.d. a tempo pieno possono liberamente esercitare exart. 6, comma 10, della l. n. 240/2010, e “attività professionale e di consulenza esterna”, ad essi interdetta dall’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980: la prima è orientata alla disamina teorica di questioni di interesse scientifico, la seconda, invece, è volta a dare un assetto o una soluzione a un caso concreto su richiesta di un committente.

2.1. L’esercizio delle attività liberamente esercitabili dai professori in regime di c.d. tempo pieno – precisa la sentenza – è comunque subordinato alla preventiva comunicazione agli organi dell’Ateneo: vengono richiamati, sul punto, la circolare interna n. 27647 del 3 agosto 2011, l’art. 46 dello Statuto dell’Università del 2012 e l’art. 45 dello Statuto del 2016. La rilevanza disciplinare di un’omissione della predetta comunicazione non è esclusa dall’assenza di lucro o dal contenuto artistico delle prestazioni rese dal docente, poiché la tendenziale esclusività della prestazione dei professori c.d. a tempo pieno tutela l’efficienza della P.A., che può essere compromessa dall’assunzione di incarichi extraistituzionali (soggetta per questo a comunicazione a fini di controllo), anche se prestigiosi e gratuiti.

2.2. Ciò premesso, la sentenza ha ricordato come al prof. -OMISSIS- sia stato addebitato: a) di non aver presentato all’Ateneo la comunicazione per nessuna delle attività contestate; b) per due di tali attività (la n. 11 e la n. 12 della tabella allegata alla nota dell’Ateneo del 17 dicembre 2010, recante contestazione degli addebiti), da considerare come attività libero-professionali, l’incompatibilità delle stesse con il regime c.d. a tempo pieno.

2.3. Orbene, il ricorrente ha espresso dubbi sulla natura delle attività di cui ai nn. 1 e 2 della suindicata tabella (non consentite perché libero-professionali, o liberamente esercitabili), ma – osserva il T.A.R. – tali dubbi non rilevano perché le stesse sono state ricondotte dal Collegio di disciplina al novero di quelle liberamente esercitabili, sicché l’addebito mosso al ricorrente attiene al fatto che egli avrebbe omesso di darne preventiva comunicazione: tale omissione costituisce un’irregolarità della condotta del docente a tempo pieno e nel caso di specie, trattandosi di omissione reiterata (poiché il docente non ha presentato la comunicazione prevista per nessuna delle varie attività contestategli), ci si trova innanzi a un’ipotesi di “abituale irregolarità della condotta”, sanzionata ai sensi dell’art. 87 e dell’art. 89, primo comma, lett. c), del r.d. n. 1592/1933. Dunque, l’irrogazione della sanzione disciplinare si giustifica già soltanto in relazione al primo rilievo disciplinare e peraltro la sanzione irrogata nel caso di specie (la sospensione per un mese) è la più lieve tra quelle previste per la “abituale irregolarità di condotta”.

2.4. Il T.A.R. aggiunge che anche il secondo addebito disciplinare è ineccepibile, poiché gli incarichi n. 11 (la “Consulenza compositiva negozio -OMISSIS- Via -OMISSIS-”) e n. 12 (la “Consulenza per l’arredamento Vostra abitazione in via -OMISSIS-”) della tabella di cui alla nota di contestazione degli addebiti sono stati correttamente ricondotti dall’Ateneo all’esercizio di attività libero-professionale interdetta ai professori universitari in regime di tempo pieno e come tali sanzionati. Ciò, trattandosi di incarichi conferiti da committenti privati per la modifica di ambienti interni adibiti a negozio o abitazione, per ricavarne un’utilità concreta funzionale a tali destinazioni, di tal ché gli stessi non sono riconducibili alla nozione di “attività di collaborazione scientifica e di consulenza” ex art. 6, comma 10, della l. n. 240/2010, come sopra ricordata.

2.5. Da ultimo, la sentenza ha disatteso la censura di difetto di motivazione, perché il provvedimento disciplinare e gli atti e documenti ai quali esso rinvia per relationem, contengono puntuali e dettagliati riferimenti sia ai fatti contestati, sia alle disposizioni violate, sia infine alle dichiarazioni rese in sede di audizione personale dal ricorrente.

3. Nel gravame l’appellante, dopo una minuziosa ricostruzione dei fatti, ha contestato le motivazioni e le statuizioni della sentenza gravata, deducendo i seguenti motivi:

I) error in iudicando, violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 89 del r.d. n. 1592/1933, in connessione con l’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e con la l. n. 240/2010, nel testo modificato dalla l. 21 giugno 2023, n. 74, violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost., carenza di istruttoria e dei presupposti di legge, carenza di motivazione, in quanto gli incarichi nn. 1 e 2 della tabella allegata alla nota di contestazione degli addebiti avrebbero natura non di attività professionale, ma di studio scientifico sfociato in una pubblicazione internazionale; l’incarico n. 11 integrerebbe una consulenza scientifica (avente carattere non professionale) resa al noto sarto -OMISSIS-OMISSIS- su come mettere in evidenza gli abiti da lui prodotti in un negozio di via -OMISSIS-a Milano, mentre l’incarico n. 12 sarebbe una consulenza per un appartamento storico -OMISSIS- al fine di studiare una sequenza espositiva corretta dal punto di vista storico per le opere e gli arredi sistemati in una galleria e anche qui si tratterebbe non di attività professionale, bensì di consulenza scientifica e divulgativa. Donde l’erroneità di intendere dette consulenze come prestazioni professionali, visto anche il corrispettivo ridotto, non in linea con tali prestazioni, con conseguente fondatezza dei vizi di difetto di istruttoria e di motivazione e di sproporzione della sanzione inflitta, anche alla luce delle incertezze della P.A. nella qualificazione delle attività esaminate;

II) error in iudicando, violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 89 del r.d. n. 1592/1933, in connessione con l’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e con la l. n. 240/2010, nel testo modificato dalla l. 21 giugno 2023, n. 74, violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost., carenza di istruttoria e dei presupposti di legge, carenza di motivazione, in quanto il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto che il provvedimento disciplinare mirasse a sanzionare la mancata comunicazione da parte del docente all’Ateneo delle attività extraistituzionali espletate e che ai fini della commisurazione della sanzione non rilevasse la natura incerta delle prestazioni in contestazione, laddove invece dalla lettura del provvedimento emergerebbe che la sanzione è stata inflitta anche in base al convincimento erroneo che due delle attività extraistituzionali svolte dal prof. -OMISSIS- (i suindicati incarichi n. 11 e n. 12) fossero “più vicine” ad attività di tipo professionale incompatibili con il regime di docenza a tempo pieno;

III) error in iudicando, violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 89 del r.d. n. 1592/1933, violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost., carenza di istruttoria e dei presupposti di legge, carenza di motivazione, poiché nel caso di specie la condotta di omessa comunicazione all’Ateneo delle attività in contestazione (dieci delle quali liberamente consentite) non potrebbe essere ricondotta a grave insubordinazione o ad abituale mancanza ai doveri di ufficio e quindi non potrebbe essere qualificata – al contrario di quanto ritenuto dal T.A.R – come “abituale irregolarità della condotta”. Inoltre le sanzioni accessorie collegate alla sospensione di un mese dall’ufficio risulterebbero affette dai vizi di macroscopica irragionevolezza e sproporzione rispetto alla sanzione principale inflitta al docente;

IV) error in iudicando, violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 89 del r.d. n. 1592/1933, carenza di motivazione, violazione del principio di trasparenza e buon andamento della P.A., eccesso di potere per carenza di istruttoria, manifesta illogicità, manifesta irragionevolezza, sproporzionalità, travisamento dei fatti e sviamento, poiché il primo giudice non avrebbe attribuito alcuna valore alla circostanza, pur oggetto di censura da parte del ricorrente, che nell’irrogare la sanzione il Collegio di disciplina avrebbe omesso la valutazione dell’elemento soggettivo: ciò, in quanto, attesa l’evidente componente artistica che caratterizzerebbe le attività n. 11 e n. 12, il prof. -OMISSIS- avrebbe, in buona fede, ritenuto di poterle espletare senza previa comunicazione all’Ateneo.

3.1. L’appellante ha successivamente depositato dichiarazione di rinuncia all’istanza cautelare.

3.2. Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-”, versando in atti la memoria già depositata in primo grado e ulteriore documentazione e resistendo all’appello di controparte.

3.3. In vista dell’udienza pubblica l’appellante ha depositato una memoria. Entrambe le parti hanno poi depositato istanza di passaggio della causa in decisione.

3.4. All’udienza pubblica del 6 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. L’appello è fondato nei termini di seguito esposti.

4.1. Giova premettere un quadro sintetico delle norme che regolano il caso in esame, riportando sul punto le parole della sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS- del 5 ottobre 2023, resa nel parallelo giudizio promosso dal prof. -OMISSIS- avverso il provvedimento di recupero delle somme emesso a suo carico dall’Ateneo per i medesimi fatti dai quali è originato il provvedimento disciplinare di cui si discute in questa sede:

i commi 10 e 10-bis dell’art. 6 della Legge n. 240/2010 stabiliscono quanto segue: “- i professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, attività di valutazione e di referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché attività pubblicistiche ed editoriali. I professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresì svolgere, previa autorizzazione del Rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l’Università di appartenenza, a condizione comunque che l’attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall’università di appartenenza;

– i professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresì assumere, previa autorizzazione del rettore, incarichi senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici o privati anche a scopo di lucro, purché siano svolti in regime di indipendenza, non comportino l’assunzione di poteri esecutivi individuali, non determinino situazioni di conflitto di interesse con l’università di appartenenza e comunque non comportino detrimento per le attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall’Università di appartenenza.”

Il settimo comma dell’art. 53 del d. lgs. n° 165 del 2001 stabilisce quanto segue:

“i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.”

Inoltre le altre attività extra-istituzionali che possono essere svolte liberamente sono comunque soggette alla comunicazione all’Università dello svolgimento dell’incarico.

Così disponeva la circolare rettorale prot. n. 37647 del 03/08/2011, pubblicata nelle more dell’emanazione del nuovo Statuto di Ateneo in applicazione della legge 240/2010, secondo cui per le attività che possono essere svolte liberamente sussiste l’obbligo per il docente/ricercatore di comunicare al Preside di Facoltà lo svolgimento dell’attività in discorso.

Con D.R. n. 171 del 24/02/2012, è stato emanato lo Statuto di Ateneo che all’art. 46, ha stabilito che l’esercizio di attività libero-professionale, anche a carattere non continuativo, è compatibile soltanto con il regime a tempo definito purché non determini situazioni di conflitto di interessi con l’ateneo. Le attività esterne dei docenti a tempo pieno sono: a) quelle svolte liberamente anche se retribuite; b) quelle che necessitano di autorizzazione del rettore; c) quelle di didattica e di ricerca di altre università.

L’attività libera, consistente in attività di valutazione e di referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché attività pubblicistiche ed editoriali, è avviata ed espletata sotto la personale ed esclusiva responsabilità del docente, previa comunicazione al Rettore e fatte salve le successive verifiche in ordine alla natura della prestazione svolta, alla sua compatibilità con l’assolvimento degli obblighi istituzionali e all’assenza di interessi contrastanti con quelli dell’Ateneo, con eventuale assunzione di provvedimenti conseguenziali.

Anche il successivo Statuto emanato con D.R. del 17/10/2016, a prescindere dalla circostanza che è successivo allo svolgimento delle attività contestate, prevede (art. 45) l’obbligo da parte del docente/ricercatore della “previa comunicazione al rettore” delle attività che possono essere svolte senza autorizzazione”.

4.2. Occorre inoltre richiamare in premessa il parere del Collegio di disciplina allegato al verbale del Collegio stesso n. -OMISSIS- (doc. 4 dell’Università nel giudizio innanzi al T.A.R.), in cui sono riportate le motivazioni sottese all’accertamento della responsabilità disciplinare del docente e all’individuazione della sanzione irrogatagli.

4.3. In sintesi, in tale parere il Collegio ha esaminato le quattordici attività extraistituzionali contestate al prof. -OMISSIS-, osservando che nove di esse (nn. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 13 e 14) “possono rientrare tra quelle consentite, ma per le quali è richiesta la comunicazione all’Ateneo, come previsto nelle circolari del 3.8.2011, prot. n. 27647 e del 27.6.2013 prot. n. 19906” e che però in nessuno di detti casi la comunicazione è stata presentata all’Ateneo. Per l’attività n. 10 (attività pubblicistica) viene precisato dal Collegio che non era dovuto l’invio della comunicazione. Con riferimento alle attività nn. 1 e 2 (consistite in uno studio sull’inquadramento urbanistico e sul modello di prefabbricazione pesante scelto del centro commerciale “-OMISSIS-” – Montesarchio, relative al 2012), il Collegio di disciplina, pur all’esito del supplemento istruttorio, ha affermato di non essere riuscito a dipanare i dubbi sulla natura delle stesse (se liberamente consentite, pur con obbligo di previa comunicazione all’Ateneo, o incompatibili con il regime a tempo pieno scelto dal docente): il parere ha indicato al riguardo le contraddizioni emerse in ordine alla questione della possibilità o meno di qualificare il prof. -OMISSIS- come autore del progetto dell’opera.

4.4. In merito all’attività n. 11 (“consulenza compositiva negozio privato”) il Collegio di disciplina ha ritenuto che l’attività si configurasse quale consulenza riguardante vincoli urbanistici, quindi come un’analisi di natura tecnico-normativa, concludendo nel senso che fosse “più vicina” ad un’attività di tipo professionale. Analogo giudizio è stato espresso per l’attività n. 12, concernente un’abitazione privata in un condominio napoletano e per la quale, perciò, non sono stati riscontrati caratteri tali da farla connotare come un’attività di tipo scientifico.

4.5. In conclusione, dunque, il Collegio ha riscontrato: I) che per nessuna delle attività contestate il docente aveva inoltrato la comunicazione all’Ateneo; II) che gli incarichi n. 11 e n. 12 costituivano esercizio di attività professionale, non compatibile con il c.d. tempo pieno. La fattispecie disciplinare è stata ricondotta alle previsioni dell’art. 89, primo comma, lett. b) (“abituale mancanza ai doveri di ufficio”) e lett. c) (“abituale irregolarità di condotta”) del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592 (Testo Unico delle leggi sull’istruzione superiore), che l’art. 89 cit. punisce con le sanzioni elencate al precedente art. 87, nn. 2, 3, 4 e 5 (e cioè sospensione dall’ufficio e dallo stipendio fino a un anno, revocazione, destituzione senza perdita del diritto a pensione o ad assegni, o con perdita di tale diritto). Per l’effetto, il Collegio ha ritenuto proporzionata alle infrazioni contestate la sanzione della sospensione per un mese “in ragione della occasionalità delle attività”. Il Consiglio di amministrazione, con la delibera n. -OMISSIS-, si è uniformato al suddetto parere e in senso conseguente ha provveduto il Rettore dell’Ateneo con il decreto n. -OMISSIS- del 13 luglio 2020.

5. Tanto premesso, osserva il Collegio che nel caso di specie i motivi di appello, da trattare in modo congiunto attese le connessioni sussistenti tra gli stessi, sono fondati nei limiti che di seguito si vanno a esporre, risultando in particolare fondate le censure di difetto di istruttoria e di motivazione, nonché di violazione del principio di proporzione a carico degli atti gravati.

5.1. Come si è visto sopra, la fattispecie è stata fatta rientrare dalla P.A. nell’alveo dell’art. 89, primo comma, lettere b) e c), del r.d. n. 1592/1933: il decreto rettorale di inflizione della sanzione richiama, infatti, ambedue tali previsioni di illecito disciplinare, attinenti rispettivamente all’abituale mancanza ai doveri d’ufficio e all’abituale irregolarità di condotta. La sentenza appellata, poi, valorizzando la reiterazione del comportamento consistito nell’omessa comunicazione degli incarichi assunti da parte del prof. -OMISSIS-, ha ricondotto la fattispecie alla “abituale irregolarità di condotta” prevista e punita dalla lett. c) dell’art. 89 cit., ma non ha considerato che nel parere del Collegio di disciplina si fa esplicito riferimento alla “occasionalità delle attività” svolte dal docente e tale riferimento appare in contraddizione rispetto al dato dell’abitualità della condotta irregolare (o dell’abituale mancanza ai doveri d’ufficio) rimproverata al docente: di tal ché per questa via emerge un primo evidente vulnus della motivazione del provvedimento disciplinare e della sentenza appellata.

5.1.1. Inoltre, la “abituale irregolarità della condotta”, avrebbe potuto, casomai, essere riferita alla mancata previa comunicazione dell’assunzione dell’incarico, ma giammai allo svolgimento di attività professionale, accertata in due sole occasioni: quindi, a tutto voler concedere, la motivazione della sanzione “coprirebbe” solo una delle tipologie di condotta oggetto di contestazione, mentre resterebbe priva di riferimenti normativi l’altra tipologia (non riconducibile neppure alla “abituale mancanza ai doveri di ufficio”, vista la carenza del requisito dell’abitualità, intesa come reiterazione nel tempo dei comportamenti: cfr. Cass. pen., Sez. VI, 16 novembre 2021, n. 41745).

5.2. L’ora visto vizio dell’apparato motivazionale, oltre a rilevare in sé, è sintomatico dell’inadeguata attenzione prestata dalla P.A. – e dal primo giudice, che alle valutazioni della P.A. ha aderito – alla consistenza effettiva delle condotte ascritte all’odierno appellante. Invero, per nove degli incarichi contestati al docente la violazione è formale, avendo ad oggetto la mancata previa comunicazione dell’assunzione di detti incarichi, che però rientrano, come afferma lo stesso Collegio di disciplina, nel novero delle attività liberamente esercitabili, sicché il controllo eventualmente attivato dalla P.A. all’esito della comunicazione (se questa vi fosse stata) non si sarebbe potuto tradurre nel divieto per il docente di svolgere l’attività stessa.

5.3. Chiarito che per l’attività n. 10 (attività pubblicistica) lo stesso Collegio di disciplina ha ritenuto non dovuta neppure la previa comunicazione, residuano le attività nn. 1 e 2, da un lato, e nn. 11 e 12, dall’altro. Per il primo gruppo il Collegio, all’esito dell’istruttoria, non è stato in grado di sciogliere la riserva circa l’ascrizione delle attività stesse tra quelle liberamente esercitabili o tra gli incarichi professionali e, quindi, correttamente non le ha considerate tra quelle interdette ai docenti in regime c.d. di tempo pieno.

5.4. Per il secondo gruppo (l’incarico n. 11, di “consulenza compositiva” per il negozio di un noto sarto a Milano e quello n. 12, di consulenza per l’arredamento di un’abitazione privata a Napoli), il Collegio ha optato per la maggiore “vicinanza” a un’attività di tipo professionale, ricadente nel regime di incompatibilità: detta valutazione, al di là della scarsa perspicuità delle espressioni utilizzate, può essere condivisa, perché la “evidente componente artistica” degli incarichi invocata nell’appello nulla toglie al fatto che tali incarichi non possono essere configurati come una “collaborazione scientifica”, ma sono vere e proprie attività libero-professionali. Va considerato, pero, che si tratta di fattispecie di scarsa importanza, come dimostrano i modesti compensi percepiti per detti incarichi (€ 3.890,43 lordi per il n. 11 ed € 1.979,33 lordi per il n. 12): tali importi, se nulla tolgono al carattere professionale dell’attività svolta, in quanto (come ricorda il T.A.R.) si può incorrere nella violazione del divieto di attività extraistituzionali anche in presenza di incarichi gratuiti, sono sintomatici, tuttavia, del ridotto impegno richiesto al docente per l’espletamento dell’incarico e quindi della lesione minima arrecata dal docente all’efficienza della P.A. in termini di tempo, energie lavorative e risorse intellettuali da lui sottratti all’impegno che avrebbe dovuto profondere per l’Università.

5.5. In proposito va richiamata la già citata sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS-, che in riforma della decisione di prime cure, ha accolto il ricorso del prof. -OMISSIS- contro il provvedimento a mezzo del quale l’Università “-OMISSIS-” ha disposto il recupero nei suoi riguardi delle somme da lui percepite per gli incarichi extraistituzionali (per un importo totale richiesto pari a € 57.082,20), nella parte in cui l’Ateneo ha disposto il recupero delle somme non solo per le attività interdette (il cui svolgimento avrebbe dovuto essere autorizzato), ma anche per quelle liberamente esercitabili e soggette a semplice comunicazione. Dunque, il recupero può riguardare solo una percentuale minima delle somme percepite dal docente (meno di € 6.000,00 lordi su un totale di circa € 57.000,00), di tal ché anche per questa via emerge la tenuità dell’illecito disciplinare.

6. Neppure la circostanza del modesto tenore dei compensi è stata, però, adeguatamente valutata dal Collegio di disciplina, così come questo non ha considerato l’elemento soggettivo in capo al docente, il quale dal predetto modesto tenore ben può essere stato indotto a pensare erroneamente, ma in buona fede, che anche le attività di cui ai nn. 11 e 12 fossero liberamente esercitabili. Il vizio di inadeguata ponderazione degli elementi istruttori raccolti dalla P.A. si è tradotto non solo nel difetto di istruttoria e di motivazione degli atti impugnati, ma anche nella violazione del principio per il quale la sanzione irrogata deve essere proporzionata alla violazione commessa (cfr. C.d.S., Sez. I, par. 20 gennaio 2020, n. 165/2020; Sez. IV, 30 giugno 2010, n. 4163): nessuno di tali vizi è stato tuttavia riscontrato dalla sentenza appellata, la quale, perciò, si rivela a sua volta viziata.

6.1. Vero è che, secondo la giurisprudenza, il provvedimento non deve contenere, nella motivazione, una puntuale confutazione delle giustificazioni addotte dall’incolpato in sede di deduzioni contro la contestazione degli addebiti e la motivazione è congrua quando reca una sufficiente individuazione della norma applicata, dei motivi che hanno indotto la P.A. ad applicarla e dell’interpretazione che dei fatti è stata data, nonché del carattere pregiudizievole del comportamento tenuto dall’incolpato per gli interessi della P.A.; inoltre, il provvedimento inflittivo è sufficientemente motivato con il richiamo agli atti endoprocedimentali, cioè per relationem alla documentazione sottostante, poiché l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto ogni qual volta la fonte di cognizione sia identificabile e conoscibile (C.d.S., Sez. I, 26 gennaio 2000, n. 1159). È altresì vero che – come rileva il T.A.R. – nel caso di specie è stata irrogata la tipologia di sanzione meno grave (la sospensione dall’ufficio, in luogo della revocazione o della destituzione). Ciò non basta, tuttavia, a dimostrare che la sanzione sia proporzionata alle violazioni riscontrate, tenuto conto dell’entità della sospensione disposta (per ben un mese) e delle gravose conseguenze riconnesse alla sospensione dall’art. 89, secondo comma, del r.d. n. 1592/1933 (esclusione per dieci anni solari dalla nomina a Rettore di Università o direttore di Istituzione universitaria).

6.2. L’omessa considerazione della tenuità delle condotte ascritte al prof. -OMISSIS- vizia, dunque, gli atti impugnati, nei quali non si rinviene un adeguato apparato motivazionale che indichi le ragioni per le quali, nonostante tale tenuità, la sanzione irrogata debba considerarsi proporzionata alle stesse condotte: anzi, l’unico elemento contenuto al riguardo nel parere del Collegio di disciplina – quello già visto dell’occasionalità delle attività – depone in senso opposto, nel senso cioè della mancanza di proporzione tra sanzione inflitta e violazioni commesse.

6.3. In ultima analisi, se è vero che, nella valutazione della responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, il giudizio si svolge con una larga discrezionalità da parte della P.A. sull’apprezzamento della gravità delle infrazioni addebitate e della conseguente sanzione da irrogare, non potendo il giudice amministrativo sostituirsi alla P.A. in ordine alla valutazione dei fatti contestati, è altrettanto vero, però, che tale principio incontra un’importante deroga nei limiti in cui la valutazione medesima “contenga un travisamento dei fatti, ovvero il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente” (C.d.S., Sez. VII, 28 giugno 2022, n. 5389; Sez. IV, 6 dicembre 2011, n. 6417): ipotesi, questa della mancanza di un processo logico e coerente alla base del convincimento espresso dalla P.A., da rinvenire per quanto detto nella fattispecie in esame.

7. In conclusione, l’appello è fondato e da accogliere, attesa la fondatezza nei termini fin qui visti dei motivi con esso dedotti. Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado va accolto, con conseguente annullamento degli atti con esso impugnati e in specie del provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare.

8. È fatto salvo l’adozione di ulteriori provvedimenti da parte dell’Università, poiché l’annullamento degli atti impugnati, avendo efficacia retroattiva, rimette le parti nella situazione iniziale: ciò, peraltro, con l’avvertenza che ove l’Ateneo intenda reiterare l’esercizio del potere, dovrà farlo tenendo conto dei principi di diritto desumibili dalla presente decisione.

9. La complessità delle questioni esaminate giustifica, secondo il Collegio, l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Settima (VII), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado e annulla gli atti con esso impugnati e in particolare l’inflizione al ricorrente della sanzione disciplinare, fatto salvo l’ulteriore esercizio del potere da parte dell’Ateneo appellato.

Compensa le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (ed agli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti e della dignità degli interessati, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo a consentire l’identificazione delle persone fisiche menzionate in sentenza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2024, con l’intervento dei magistrati:

Omissis, Presidente

Omissis, Consigliere

Omissis, Consigliere, Estensore

Omissis, Consigliere

Omissis, Consigliere

L’Estensore OMISSIS

Il Presidente OMISSIS

Pubblicato il 18 marzo 2024