TAR Lazio, Roma, Sez. III-bis, 23 gennaio 2023, n. 1115

Dottorato di ricerca - Non equiparazione del titolo di dottore di ricerca con quello di abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado

Data Documento: 2023-01-24
Autorità Emanante: TAR Lazio
Area: Giurisprudenza
Massima

L’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria costituisce titolo autonomo e distinto rispetto al dottorato di ricerca, seguendo percorsi formativi differenti e intesi a raggiungere obiettivi diversi.
La peculiarità dell’abilitazione all’insegnamento pre-universitario è stata peraltro oggetto anche di una pronuncia della Corte costituzionale, la quale, con la sentenza n. 130 del 2019 – nell’evidenziare la differenza ontologica tra abilitazione e dottorato di ricerca – ha affermato che l’abilitazione consiste in “un’attività di formazione orientata alla funzione docente” che ha “come specifico riferimento la fase evolutiva della personalità dei discenti” ed esige “la capacità di trasmettere conoscenze attraverso il continuo contatto con gli allievi, anche sulla base di specifiche competenze psico-pedagogiche”. Sul presupposto che l’abilitazione all’insegnamento sia da ritenersi ontologicamente distinta dal percorso di dottorato, la Corte costituzionale ha, con la richiamata pronuncia, ritenuto non irragionevole la norma di legge che per partecipare ad un concorso richieda il solo possesso dell’abilitazione richiamata. Dalla normativa rilevante in materia emerge difatti che i “percorsi” per l’abilitazione (sui quali si vedano: il decreto ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010 in relazione all’introduzione dei tirocini formativi attivi TFA; d. m. 23 marzo 2013 e DDG n. 58 del 25 luglio 2013, in relazione all’istituzione dei percorsi speciali abilitanti (PAS); art. 1, commi 110 e 114, della legge n. 107 del 2015 sulla “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”) sono rivolti a sviluppare esperienze e professionalità sulla base di procedimenti ben diversi, in ambiti differenziati e non assimilabili. Viene infatti in risalto, per l’abilitazione all’insegnamento, una attività di formazione orientata alla “funzione docente” che, di per sé, si caratterizza per il continuo contatto con gli allievi, ai quali vanno trasmesse conoscenze anche sulla base di competenze psico-pedagogiche. In tali termini, è facile concludere che tale requisito, in ragione della sua elevata specificità e dell’importanza che riveste, così come rimarcato dalla stessa Corte Costituzionale, non sia in alcun modo surrogabile e che, quindi, in mancanza di chiara ed espressa disposizione di legge di segno contrario, i percorsi e i titoli vantati dalla parte ricorrente non possano in alcun modo essere ad essi equiparati.

Contenuto sentenza

N. 01115/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01764/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1764 del 2017, proposto da
[#OMISSIS#] Lorenzin, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Cavazza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Padova, Piazzale Stazione, 7 e dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Padova, Piazzale Stazione, 7;

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale Veneto, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

[#OMISSIS#] Girotto, non costituita in giudizio;

per l’annullamento, previa adozione di misure cautelari,

– del provvedimento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, Ufficio VII – Ambito Territoriale di Verona prot. n. MIUR.AOOUSPVR.REGISTR UFFICIALE(U).012230.13-12-2016, con il quale è stata disposta l’esclusione del dott. Lorenzin dal concorso di cui al D.D.G. n. 106/2016 per la classe di concorso A-29 – A-30 2 (AD03) Musica per mancanza del titolo di abilitazione ex art. 3 comma 1 del D.D.G. 106 del 23.2.2016;

– del provvedimento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto, Direzione Generale, Ufficio III Personale della Scuola prot. n. MIUR.AOODRVE.REGISTRO UFFICIALE (U).0001274.25-01-2017 e prot. n. MIUR.AOOUSPVR.REGISTRO UFFICIALE(I).0000692.26-01-2017, a firma del Direttore Generale dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con il quale è stata approvata la graduatoria di merito per l’ambito AD03 (A029 Musica negli istituti di istruzione secondaria di II grado, A030 Musica negli istituti di istruzione secondaria di I grado) per la Regione Veneto (doc. 03) e della relativa graduatoria di merito (docc. 04-05), nei limiti in cui non include il ricorrente tra i docenti vincitori;

– del D.D.G. n. 106 del 23 febbraio 2016, avente ad oggetto “Concorso per titoli ed esami finalizzato al reclutamento del personale docente per i posti comuni dell’organico dell’autonomia della scuola secondaria di primo e secondo grado”, nei limiti in cui, non equiparando il conseguimento del dottorato di ricerca e/o la qualifica di docente di III fascia al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento come requisito necessario per la partecipazione al concorso, impedisce ai titolari delle rispettive qualifiche di accedere alla selezione e/o di permanere [#OMISSIS#] graduatoria di merito;

– di ogni altro atto, non noto negli estremi, a questi connessi per presupposizione e/o consequenzialità.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Ufficio Scolastico Regionale Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 20 gennaio 2023, tenutasi in [#OMISSIS#] di consiglio da remoto ai sensi dell’art. 87, co. 4-bis, c.p.a., il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con l’odierno ricorso parte ricorrente ha impugnato il provvedimento di esclusione dal concorso indetto dal Ministero intimato per il reclutamento di personale docente (d.d.g. n. 106/2016), unitamente al bando di concorso presupposto e alle graduatorie di merito pubblicate, [#OMISSIS#] parte in cui è stata disposta la sua esclusione dall’anzidetta procedura per non essere in possesso della prescritta abilitazione all’insegnamento, quanto piuttosto del titolo di dottore di ricerca.

2. L’Amministrazione resistente si è costituita in giudizio.

Con l’ordinanza cautelare n. 2754/2017 è stata accolta la domanda cautelare incidentalmente formulata con il gravame, con discendente inserimento con riserva di parte ricorrente [#OMISSIS#] graduatoria impugnata.

Con memoria conclusionale depositata il 19 dicembre 2022 il ricorrente, nell’insistere per l’accoglimento del gravame, ha altresì precisato che, nelle more della definizione dell’odierno giudizio, è stato immesso in ruolo con riserva a decorrere dall’a.s. 2017-18 e che, nell’anno 2020, ha altresì conseguito i 24 CFU, sostenendo così di aver comunque conseguito l’abilitazione all’insegnamento.

3. All’udienza smaltimento del 20 gennaio 2023, tenutasi in [#OMISSIS#] di consiglio da remoto, ai sensi dell’art. 87, co. 4-bis, c.p.a., il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4.1. Il Collegio deve anzitutto rilevare come la sopravvenuta immissione in ruolo con riserva di parte ricorrente, avvenuta per effetto dell’accoglimento della domanda cautelare proposta in questa sede giurisdizionale, non rileva ai fini dell’invocato consolidamento della posizione giuridica raggiunta, attesa la naturale precarietà degli effetti promananti dalla tutela cautelare, suscettibili di stabilizzazione solo in [#OMISSIS#] di favorevole decisione di merito resa a conclusione dell’odierno giudizio.

Del resto, la stipulazione del contratto di insegnamento non può tradursi in automatica soddisfazione della pretesa del ricorrente, spettando all’Amministrazione valutare il comportamento da tenere alla luce dell’esito del presente giudizio, in forza di specifica clausola contrattuale ovvero in mancanza di questa, attraverso i poteri di autotutela di cui è titolare anche in considerazione della richiamata efficacia meramente interinale e funzionale all’effettività della decisione finale dei provvedimenti cautelari giurisdizionali.

Ben potendo peraltro l’assenza dell’abilitazione, e dunque del titolo necessario per l’inserimento [#OMISSIS#] graduatoria, costituire civilisticamente, una condizione risolutiva ex lege del futuro contratto di docenza, che, anche se non formalizzata espressamente nel contratto, è implicita (c.d. presupposizione) in esso e nota ad entrambe le parti proprio perché già prevista [#OMISSIS#] disciplina normativa relativa alla procedura concorsuale volta -in attuazione dei principi costituzionali di cui all’art. 97 Cost.- ad individuare, sia pure sulla base del mero accertamento dei titoli, la parte contrattuale legittimata a stipulare il contratto di lavoro con la pubblica Amministrazione.

4.2. Neppure l’asserito conseguimento ex post dell’abilitazione all’insegnamento, per effetto dei 24 CFU ottenuti, costituisce elemento di valutazione rilevante ai fini della soluzione dell’odierna controversia.

In disparte la circostanza, ex se dirimente per vero, che sia questo T.A.R. che il Consiglio di Stato, con numerose pronunce, abbiano smentito la paventata portata abilitante del conseguimento dei 24 CFU ai fini dell’insegnamento (cfr. ex multis T.A.R. Lazio, Sezione Terza Bis, sent. n. 1674/2022 e Cons. Stato, Sez. VII, sent. n. 9026/2022), non può non rilevarsi come il conseguimento ex post dell’abilitazione sarebbe comunque irrilevante ai fini dell’odierno giudizio, nel quale si discorre del possesso, o meno, dei requisiti di partecipazione al concorso indetto dal Ministero intimato con il d.d.g. n. 106/2016 che, invero, avrebbero dovuto essere posseduti dal ricorrente entro la data di scadenza fissata per la presentazione delle domande di partecipazione da parte dei candidati, e non [#OMISSIS#] dopo.

Tanto premesso, il ricorso è infondato e non può trovare accoglimento.

5.1. L’abilitazione all’insegnamento [#OMISSIS#] scuola secondaria costituisce titolo autonomo e distinto rispetto al dottorato di ricerca, seguendo percorsi formativi differenti e intesi a raggiungere obiettivi diversi.

La peculiarità dell’abilitazione all’insegnamento pre-universitario è stata peraltro oggetto anche di una pronuncia della Corte costituzionale, la quale, con la sentenza n. 130 del 2019 – nell’evidenziare la differenza ontologica tra abilitazione e dottorato di ricerca – ha affermato che l’abilitazione consiste in “un’attività di formazione orientata alla funzione docente” che ha “come specifico riferimento la fase evolutiva della personalità dei discenti” ed esige “la capacità di trasmettere conoscenze attraverso il continuo contatto con gli allievi, anche sulla base di specifiche competenze psico-pedagogiche”.

Sul presupposto che l’abilitazione all’insegnamento sia da ritenersi ontologicamente distinta dal percorso di dottorato, la Corte costituzionale ha, con la richiamata pronuncia, ritenuto non irragionevole la [#OMISSIS#] di legge che per partecipare ad un concorso richieda il solo possesso dell’abilitazione richiamata.

5.2. Dalla normativa rilevante in materia emerge difatti che i “percorsi” per l’abilitazione (sui quali si vedano: il decreto ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010 in relazione all’introduzione dei tirocini formativi attivi TFA; d. m. 23 marzo 2013 e DDG n. 58 del 25 luglio 2013, in relazione all’istituzione dei percorsi speciali abilitanti (PAS); art. 1, commi 110 e 114, della legge n. 107 del 2015 sulla “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”) sono rivolti a sviluppare esperienze e professionalità sulla base di procedimenti ben diversi, in ambiti differenziati e non assimilabili.

L’art. 2 del d. m. n. 249 del 10 settembre 2010 prevede difatti che “1. La formazione iniziale degli insegnanti di cui all’articolo 1 è finalizzata a qualificare e valorizzare la funzione docente attraverso l’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali necessarie a far raggiungere [#OMISSIS#] allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento vigente. 2. E’ parte integrante della formazione iniziale dei docenti l’acquisizione delle competenze necessarie allo sviluppo e al sostegno dell’autonomia delle istituzioni scolastiche secondo i principi definiti dal decreto del [#OMISSIS#] della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275”. Viene dunque chiaramente in risalto una attività di formazione orientata alla “funzione docente” che, di per sé, si caratterizza per il continuo contatto con gli allievi, ai quali [#OMISSIS#] trasmesse conoscenze anche sulla base di competenze psico-pedagogiche.

5.3. In tali termini, è facile concludere che tale requisito, in ragione della sua elevata specificità e dell’importanza che riveste, così come rimarcato dalla stessa Corte Costituzionale, non sia in alcun modo surrogabile e che, quindi, in mancanza di chiara ed espressa disposizione di legge di segno contrario, i percorsi e i titoli vantati dalla parte ricorrente non possano in alcun modo essere ad essi equiparati.

6. In merito, pare possibile altresì richiamare il consolidato orientamento del Consiglio di Stato sulla legittimità della clausola del bando impugnata, maturato proprio con riferimento alle procedure selettive indette nel 2016.

Secondo il [#OMISSIS#] di appello amministrativo, in particolare, le previsioni dei bandi contestate non risultano essere illegittime né, tantomeno, pare predicabile alcun contrasto tra esse e le disposizioni della Costituzione o dell’ordinamento europeo, posto che “nel [#OMISSIS#] in esame la contestata restrizione non può considerarsi irragionevole rispetto alla ratio della [#OMISSIS#] e di tale tipologia di concorsi; infatti, tale limitazione appare fondata sul merito, risultando richiesto il titolo abilitativo oltre il mero titolo di studio: Ciò appare invero ragionevole, a fronte della rilevanza dell’attività e degli obiettivi dell’istruzione, settore strategico e fondamentale per l’ordinamento e l’attuazione degli stessi principi costituzionali sullo sviluppo della persona e la garanzia del diritto allo studio. Diversamente, la questione accolta dalla Consulta nel 2017 con la pronuncia invocata dagli appellati riguardava una disposizione che escludeva dai concorsi pubblici per il reclutamento dei docenti coloro che siano stati assunti con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali. In questo modo, il diritto di partecipare al concorso pubblico veniva condizionato alla circostanza – invero “eccentrica” rispetto all’obiettivo della procedura concorsuale di selezione delle migliori professionalità – che non vi sia un contratto a tempo indeterminato alle dipendenze della scuola statale. Di contro, un’analoga preclusione non era prevista per i docenti con contratto a tempo indeterminato alle dipendenze di una scuola privata paritaria, né per i docenti immessi nei ruoli di altra amministrazione. La contestata esclusione, censurata dalla Consulta, si fondava sulla durata del contratto (a tempo determinato, ovvero a tempo indeterminato) e sulla natura del datore di lavoro (scuola pubblica o scuola paritaria; amministrazione della scuola o altre amministrazioni). Tuttavia, nessuno di tali criteri è apparso funzionale all’individuazione della platea degli ammessi a partecipare alle procedure concorsuali, le quali dovrebbero, viceversa, essere impostate su criteri meritocratici, volti a selezionare le migliori professionalità. 3.4 Nel [#OMISSIS#] in esame, invece, l’esclusione si basa, per tutti gli eventuali interessati, sulla mancanza di un titolo di merito ulteriore rispetto al semplice titolo di studio, in termini coerenti ai principi vigenti in materia, alla ratio del sistema nonché logicamente collegati all’obiettivo della selezione dei migliori. Ciò appare altresì coerente alla giurisprudenza costituzionale (cfr. ad es. sentenze n. 225 del 2010 e n. 293 del 2009) che ritiene rispettato il requisito del pubblico concorso, di cui all’art. 97, terzo comma, Cost., ove l’accesso al pubblico impiego avvenga per mezzo di una procedura aperta, alla quale possa partecipare il maggior numero possibile di cittadini. La stessa deve essere, inoltre, di tipo comparativo, ossia volta a selezionare i migliori fra gli aspiranti. Infine, deve trattarsi di una procedura congrua, che consenta di verificare la professionalità necessaria a svolgere le mansioni caratteristiche, per tipologia e livello, del posto di ruolo da ricoprire. Il merito deve costituire il criterio ispiratore della disciplina del reclutamento del personale docente e una disposizione che impedisca di realizzare la più ampia partecipazione possibile al concorso, in condizioni di effettiva parità, si porrebbe in contraddizione con tale criterio (sono richiamate le sentenze n. 41 del 2011 e n. 251 del 2017). Le eccezioni alla regola del pubblico concorso, oltre che rigorose e limitate, devono comunque prevedere adeguati accorgimenti idonei a garantire la professionalità del personale assunto (sentenza n. 149 del 2010) e rispondere ad una «specifica necessità funzionale» dell’amministrazione, ovvero a «peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico» (sentenza n. 293 del 2009). Nel [#OMISSIS#] di specie, la necessità di un titolo abilitativo specifico, oltre a riguardare la generalità dei possibili interessati, appare congruo alla verifica della professionalità necessaria nonché connesso all’obiettivo della selezione dei migliori. 4. Anche sotto un diverso profilo, la sezione sul punto ha già avuto modo di evidenziare, in analoghi contenziosi (cfr. ad es sentenza n. 22642018) che, in considerazione del principio di legalità, un bando di concorso non può consentire la partecipazione ad un concorso a coloro che non siano in possesso di uno dei requisiti previsti dalla normativa primaria o secondaria, ovvero che siano in possesso di un titolo diverso da quello richiesto, che non sia equiparato al requisito di partecipazione. 5. Ciò appare coerente a quanto ancora di recente rilevato, in ordine all’abilitazione in discussione, dalla stessa Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 130 del 2019). Secondo la Consulta, già in passato, in base all’art. 2 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249 e ora ai sensi degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 59 del 2017, i percorsi abilitanti erano come sono finalizzati all’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali, necessarie sia a far raggiungere [#OMISSIS#] allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento, sia a sviluppare e sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche. In considerazione della finalità della procedura concorsuale, volta a selezionare le migliori e più adeguate capacità rispetto all’insegnamento, ciò che rileva è l’avere svolto un’attività di formazione orientata alla funzione docente, che abbia come specifico riferimento la fase evolutiva della personalità dei discenti; è in vista dell’assunzione di tali rilevantissime responsabilità, affidate dall’ordinamento ai docenti della scuola secondaria, che le attività formative indicate costituiscono un fondamento “ontologicamente diverso”, rispetto a quello che caratterizza il percorso e il fine del titolo di dottorato. In tale contesto è stata esclusa, in considerazione delle finalità della selezione concorsuale, l’irragionevolezza della mancata previsione del dottorato di ricerca, quale titolo per l’ammissione al concorso di cui alla disposizione censurata. Ciò non può che estendersi anche alla richiesta abilitazione rispetto al mero titolo di studio, oggetto della presente controversia. 6. Quanto infine al richiamo alla Direttiva 2005/36/CE, come recepita dal d. lgs. n. 206 del 2007, è risolutivo osservare come essa non abbia escluso che lo Stato membro possa subordinare l’accesso a una professione regolamentata al possesso di determinate qualifiche professionali (cfr. ad es. Cons. Stato, sez. VI, n. 1516 del 2017). 7. Alla luce delle considerazioni che precedono gli appelli riuniti [#OMISSIS#] accolti e per l’effetto, in riforma delle sentenze impugnate, [#OMISSIS#] respinti i ricorsi di primo grado” (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 7789/2019).

7. Per quanto precede, il ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese relative al giudizio in favore del Ministero resistente che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 20 gennaio 2023 con l’intervento dei magistrati:

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore

Pubblicato il 23/01/2023