Con ordinanza del 10 aprile 2020, il Consiglio di Stato, Sez. VI, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione relativa al se la clausola 4 dell’accordo quadro di cui alla Direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE, «Direttiva del Consiglio relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato», intitolata «Principio di non discriminazione», letta unitamente agli artt. 20 e 21 del Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ed anche alla luce dei principi di equivalenza e di effettività, osta ad una normativa nazionale, quale quella di cui agli artt. 24, commi 5 e 6, l. n. 240 del 2010, che riconosce ai ricercatori a tempo determinato di cui all’art. 24, comma 3, lett. b), che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale di cui all’art. 16 della medesima legge, e ai ricercatori a tempo indeterminato, che parimenti abbiano conseguito la predetta abilitazione, rispettivamente il diritto e la possibilità (implementata con l’assegnazione di apposite risorse) di essere sottoposti – i primi alla scadenza del contratto, i secondi fino al 31 dicembre 2021 – ad un’apposita procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo dei professori associati, mentre nessun diritto né possibilità analoghi vengono riconosciuti ai ricercatori a tempo determinato di cui all’art. 24, comma 3, lett. a), in possesso della abilitazione scientifica nazionale, malgrado si tratti di lavoratori chiamati a svolgere, tutti indistintamente, identiche mansioni.
Leggi il testo completo: Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2375