TAR Campania, Napoli, Sez. II, 8 marzo 2016, n. 1265

Equiparazione tecnico laureato e funzionario tecnico/collaboratore tecnico-Riconoscimento anzianità di servizio-Termini

Data Documento: 2016-03-08
Area: Giurisprudenza
Massima

La figura del funzionario tecnico è equiparabile a quella del tecnico laureato, trattandosi di una mera riformulazione formale della medesima qualifica precedentemente denominata tecnico laureato; pertanto, anche il funzionario tecnico rientra nell’elencazione delle qualifiche contenuta nell’art. 103, d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, la quale deve ritenersi tassativa ai fini del riconoscimento del servizio utile, ma è suscettibile di un’interpretazione logica.

Quanto al riconoscimento dei servizi prestati in qualità di collaboratore tecnico, rileva che, se l’omogeneità delle attività tipiche inerenti i compiti di ricerca costituisce la ratio della continuità tra i servizi (e la conseguente parità di trattamento economico) del funzionario tecnico e del ricercatore, rimane confermata la sostanziale non equiparabilità tra le figure del collaboratore, anche se laureato, e il funzionario: per quanto siano accomunate dall’appartenenza al ruolo tecnico, rimangono pur sempre distinte le caratteristiche dei compiti propri di ciascuna di esse, con specifico riguardo al campo della ricerca.

Il vizio di illegittimità non ancora dichiarato dalla Consulta non determina un impedimento legale all’esercizio del diritto disconosciuto da atti aventi forza di legge contro il dettato della Costituzione. Il soggetto interessato è posto, invece, in una situazione di mera difficoltà di fatto, cui può reagire attivando gli ordinari mezzi di tutela e sollevando in tale sede l’incidente di costituzionalità. Ne consegue che la retroattività della pronuncia che accerta l’incostituzionalità della norma non può incidere né recupera le situazioni giuridiche ormai esaurite o consolidatesi, alle quali l’interessato non abbia ritenuto di porre rimedio con gli strumenti che l’ordinamento gli offre, ovverosia con la proposizione dell’azione giurisdizionale attraverso cui sottoporre la norma viziata alla verifica del Giudice delle leggi.

La domanda di riconoscimento dei servizi pre-ruolo avanzata ai sensi dell’art. 103 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, in difetto di espressa previsione contraria, è assoggettata al termine di prescrizione ordinario di dieci anni di cui all’art. 2946 c.c., a differenza delle azioni dirette a ottenere le differenze retributive derivanti dal riconoscimento della nuova qualifica, che si prescrivono nel termine quinquennale previsto dall’art. 2948 n. 4 c.c. Se è vero che il quarto comma dell’art. 103 stabilisce che “il riconoscimento dei servizi di cui ai precedenti commi può essere chiesto entro un anno dalla conferma in ruolo”, questo termine non ha natura perentoria.

In relazione al rilievo da attribuire al termine annuale previsto dall’art. 103, comma 4, d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 si ritiene che il legislatore delegato abbia previsto l’onere per il professore di curare l’esibizione all’Università della relativa documentazione. Fin quando il professore non presenta la domanda con la relativa documentazione, quindi, non è configurabile un suo credito, né può sussistere un inadempimento dell’Università che, a titolo provvisorio, non può che corrispondere il solo trattamento economico predeterminato dalla normativa e inerente alla qualifica. Ciò comporta che, finché l’interessato non adempia all’onere previsto, decorrono i termini quinquennale di prescrizione per i singoli ratei mensili e per il periodo che precede la domanda e per gli emolumenti arretrati non prescritti non vanno liquidati anche la rivalutazione o gli interessi.

Contenuto sentenza

N. 01265/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02018/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2018 del 2011, proposto da Pellegrino [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Napoli, Via Cuma, n. 28; 
contro
la Seconda Università degli Studi di Napoli, in persona del Rettore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso cui ope legis domicilia alla via Diaz n. 11 
per l’annullamento
a) del provvedimento prot. n. 4006 del 30 gennaio 2009 con il quale l’Università degli Studi di Napoli “[#OMISSIS#] II” ha negato Pellegrino [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] il diritto ad ottenere, ai sensi dell’art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1980, il riconoscimento, ai fini economici e di carriera, dei servizi prestati in qualità di tecnico laureato- funzionario tecnico dal 1° luglio 1994 all’8 agosto 2000, dal 9 agosto 2000 al 30 dicembre 2000, in quadrato nella categoria D, posizione economica D3 dell’area socio sanitaria agli effetti giuridici e nella categoria D, posizione economica D2 agli effetti economici; dal 31 dicembre 2000 al 22 ottobre 2003 nella categoria D, posizione economica D3 dell’area socio sanitaria;
b) di ogni altro atto presupposto, connesso ovvero consequenziale,
nonché per l’accertamento del diritto al riconoscimento, ai sensi dell’art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1980, dell’anzianità, sia ai fini economici che giuridici, maturata nel predetto periodo e per la condanna dell’amministrazione al pagamento degli emolumenti arretrati compresi interessi e rivalutazione monetaria sino al soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Seconda Università degli Studi di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2016 la dott.ssa [#OMISSIS#] Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, Pellegrino [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], ricercatore confermato a tempo pieno della Seconda Università degli Studi di Napoli per il settore scientifico disciplinare Med-46, scienze tecniche di medicina di laboratorio, ha agito per il riconoscimento, ai fini economici e di carriera, del servizio preruolo svolto in qualità di funzionario tecnico nei periodi indicati in epigrafe.
B. In particolare, il ricorso muove dalle statuizioni recate dalla sentenza della Corte Costituzionale n.191 del 2008, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 103, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, modificato dall’art.23 della Legge 23 dicembre 1999 n. 488, nella parte in cui non riconosce ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per due terzi ai fini della carriera, l’attività effettivamente prestata nelle Università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca. Con la citata sentenza la Consulta ha rilevato il contrasto della norma richiamata con gli articoli 3 e 97 Cost., osservando tra l’altro che “…la differenza tra il trattamento che la disposizione impugnata riserva ai tecnici laureati che diventino ricercatori, rispetto a quello riservato ai tecnici laureati che diventino professori, è manifestamente irragionevole..”.
C. La domanda in questa sede proposta dal ricorrente trae origine dal rigetto dell’istanza presentata ai fini del suddetto riconoscimento ed è incentrata su vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, articolati in un unico articolato motivo di gravame e riferiti, in particolare, alla natura del termine di cui all’art. 103, comma 4 del d.P.R. n. 382 del 1980 .
D. La Seconda Università degli Studi di Napoli si è costituita in giudizio, sollevando eccezioni preliminari e concludendo, nel merito, per il rigetto del ricorso.
E. All’udienza pubblica del 9 febbraio 2016 il ricorso è stato introitato in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio ritiene preliminarmente di chiarire che inerendo la controversia in esame a situazioni giuridiche di diritto soggettivo non trovano applicazione, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’Ateneo resistente, gli ordinari termini decadenziali prescritti per la proposizione dell’azione di annullamento.
2. La vicenda dedotta in giudizio, invero, implica l’analisi dell’effettiva portata pratica della sentenza della Corte costituzionale 6 giugno 2008, n. 191, che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art.103, terzo comma, D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 per la parte in cui non riconosceva ai ricercatori universitari, all’atto dell’immissione nella fascia dei ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di previdenza e quiescenza e per i due terzi ai fini della carriera, l’attività di servizio effettivamente prestata nelle Università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca.
3. Al fine di un inquadramento generale della fattispecie sostanziale alla base del presente giudizio, il Collegio reputa opportuno premettere che per giurisprudenza ormai consolidata, anche di questa Sezione (ex multis, nn. 3221/2014; 705/2013; 27663/2010 citt.), la figura del funzionario tecnico è equiparabile a quella del tecnico laureato, trattandosi di una mera riformulazione formale della medesima qualifica precedentemente denominata “tecnico laureato”; pertanto, anche il funzionario tecnico rientra nell’elencazione delle qualifiche contenuta nell’art. 103 del D.P.R. n. 382/1980, la quale deve ritenersi tassativa ai fini del riconoscimento del servizio utile, ma è suscettibile di un’interpretazione logica (così C.d.S., sez. VI, n. 5668/2011 cit.; ex ceteris, cfr. anche C.d.S., sez. VI, n. 2412/2013 cit.).
3.1. Ciò con la specificazione, che le considerazioni valide per la figura professionale del funzionario tecnico non sono estensibili con riferimento alla figura professionale del collaboratore tecnico, per la quale il D.P.C.M. 24 settembre 1981 prevede una diversa qualifica (la settima). La giurisprudenza (ex multis, C.d.S., sez. VI, 6.5.2013, n.2412) ha evidenziato, infatti, che in relazione a questa diversa qualifica funzionale di collaboratore tecnico (al di là del mero dato formale dell’iscrizione nell’ambito dei cc.dd. ‘ruoli tecnici’), non sussistono quelle ragioni di sostanziale continuità e contiguità con le attività di insegnamento e di ricerca che sono a base della richiamata sentenza costituzionale e, poi, dell’avvio di procedure di reclutamento a carattere riservato, nell’ambito delle quali l’iscrizione nei ruoli tecnici e lo svolgimento per un certo tempo di attività di ricerca giustificava la previsione di forme agevolate di transito nei ruoli dei ricercatori universitari. In particolare ha rilevanza la considerazione che, al di là del nomen e del diverso livello di inquadramento, il D.P.C.M. 24 settembre 1981 enuclea un insieme di mansioni e compiti che sono propri dei diversi profili, dai quali è dato riscontrare la differenza del contenuto e del grado di professionalità delle mansioni proprie, rispettivamente, del tecnico laureato e del collaboratore tecnico. Così, se si ha riguardo ai profili professionali, stando a questo decreto sulle “declaratorie”, per l’VIII qualifica, al profilo di funzionario tecnico, accessibile solo mediante laurea specifica, appartengono, tra l’altro, astronomi, tecnici laureati, conservatori di musei, curatori di orti botanici, agronomi, ricercatori degli osservatori e tecnici che siano addetti a programmi di ricerca di base o finalizzata in grado di utilizzare con autonomia strumenti, tecniche e procedure, compiti di addetto a programmi di ricerca di base o finalizzata, nonché compiti organizzativi in rapporto a programmi sperimentali o a programmi di produzioni con responsabilità su operatori di qualifiche inferiori. Invece, per la VII qualifica, è proprio del profilo di collaboratore tecnico lo svolgimento di funzioni tecniche di collaborazione, in particolare nei programmi di didattica e di ricerca; a tale diversità di attività tipiche – che specificano, per il collaboratore tecnico, il ruolo appunto di collaborazione tecnica nella ricerca proprio della VII qualifica, di contro all’autonomia che è propria per la VIII qualifica del tecnico laureato – va riferita la riconoscibilità o meno dei servizi prestati nel ruolo tecnico.
3.2. La Corte Costituzionale ha più volte affermato, infatti, che “il criterio funzionale è il solo idoneo a rendere omogeneo, sotto il denominatore comune delle funzioni, il trattamento economico del personale” e che “ad identità di funzioni non può che corrispondere pari trattamento economico” (Corte cost., 12 giugno 1991, n. 277), riconoscendo così la legittimità costituzionale di quelle scelte legislative tese a razionalizzare e uniformare situazioni ordinamentali formalmente distinte ma in realtà caratterizzate da omogeneità di funzioni (Corte cost., 17 marzo 1998, n. 63; 23 dicembre 1993, n. 455; Cons. Stato, II, parere 22 novembre 2000, n. 921).
3.3. Del resto, l’equiparazione che ha condotto la Corte costituzionale alla sentenza n. 191 del 2008 riposa sulla considerazione della sostanziale omogeneità, riconosciuta anche dalla legge n. 4 del 1999, dei compiti di ricerca affidati ai tecnici laureati (con tre anni di ricerca) rispetto a quelli propri del ricercatore: omogeneità tale da rendere costituzionalmente non giustificato il diverso trattamento che la disposizione riservava ai tecnici laureati diventati ricercatori, rispetto a quello di cui godevano i tecnici laureati diventati professori. La medesima sentenza ha però avvertito che le funzioni dei tecnici laureati – di ausilio ai docenti e di gestione dei laboratori – sono diverse da quelle dei ricercatori; non solo, ha più volte affermato, anche recentemente, che “nonostante una certa assimilazione dei rispettivi compiti, rimane l’essenziale differenziazione tra le due categorie (ordinanze n. 160 del 2003 e nn. 262 e 94 del 2002)”, e che “la previsione di un meccanismo di transito agevolato da un ruolo all’altro, come il concorso riservato, non è di per sé sufficiente a colmare queste differenze”.
3.4. In definitiva, quanto al riconoscimento dei servizi prestati in qualità di collaboratore tecnico, rileva che, se l’omogeneità delle attività tipiche inerenti i compiti di ricerca costituisce la ratio della continuità tra i servizi considerati (e la conseguente parità di trattamento economico) del funzionario tecnico e del ricercatore, rimane confermata la sostanziale non equiparabilità tra le figure del collaboratore, anche se laureato, e il funzionario: per quanto siano accomunate dall’appartenenza al ruolo tecnico, rimangono pur sempre distinte le caratteristiche dei compiti propri di ciascuna di esse, con specifico riguardo al campo della ricerca. Solo il servizio reso nella qualifica di tecnico laureato (ora funzionario tecnico) può essere considerato ai fini in argomento equivalente a quello del ricercatore, poiché in base alla declaratoria sopra riportata per questa figura è – a differenza di quanto per il collaboratore tecnico – evidente l’attinenza specifica allo svolgimento autonomo di compiti di ricerca e di sperimentazione, tale da giustificare una continuità di carriera nella nuova veste professionale assunta in esito al concorso riservato.
4. Nel caso che ne occupa, pur emergendo dal certificato di servizio prodotto dalla difesa del ricorrente che quest’ultimo ha prestato un pregresso servizio anche in qualità di collaboratore tecnico (dal 17 settembre 1990 al 30 giugno 1994), correttamente la richiesta di riconoscimento è stata limitata al servizio preruolo prestato in qualità di funzionario tecnico.
5. Il Collegio deve, dunque, procedere all’esame delle deduzioni del ricorrente, incentrate, alla luce dei riscontri forniti dall’amministrazione alla richiesta dell’interessato, sugli effetti della pronuncia della Corte Costituzionale n.191 del 2008 e sulla natura del termine di cui all’art. 103, comma 4 del d.P.R. n. 382 del 1980.
5.1. In relazione al primo profilo, si ritiene di ribadire quanto già esplicitato da questa Sezione nella sentenza n. 27666 del 20 dicembre 2010 (confermata dal Consiglio di Stato, se. VI, con sentenza n. 4494 del 27/07/2011).
A norma dell’art.136 della Costituzione, quando viene dichiarata l’illegittimità costituzionale di una legge, questa “cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”. In linea con la statuizione costituzionale, l’art.30 della legge n.87 del 1953, dopo aver disposto in ordine alla pubblicazione della decisione ed alla conseguente comunicazione alle Camere “affinché, ove lo ritengano necessario, adottino i provvedimenti di loro competenza”, stabilisce a sua volta che “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”.
Dalle citate disposizioni si è tratto il pacifico principio – estensibile, sia pure con gli opportuni adattamenti, anche alle sentenze cosiddette additive, cioè integrative della previsione normativa – in base al quale la declaratoria di illegittimità costituzionale è applicabile a tutti i rapporti non ancora “esauriti”, operando tale declaratoria in modo diverso dall’abrogazione, dalla quale si differenzia per presupposti, natura ed effetti. La dichiarazione di illegittimità costituzionale, infatti, a differenza dall’abrogazione, ha per presupposto l’invalidità della legge, in quanto viziata dall’essere in contrasto con un precetto costituzionale e rende la norma dichiarata incostituzionale non più applicabile ai rapporti ancora sub iudice, mentre deve essere applicata per i rapporti esauriti, intendendosi per tali quelli che, sorti precedentemente alla pronuncia di incostituzionalità, abbiano dato luogo a situazioni ormai consolidate ed inderogabili per effetto del passaggio in giudicato di decisioni giurisdizionali, della definitività di provvedimenti amministrativi divenuti inoppugnabili, del completo esaurimento degli effetti di atti negoziali, del decorso dei termini di prescrizione o decadenza ovvero del compimento di altri atti o fatti rilevanti sul piano sostanziale o processuale (ibidem).
Il vizio di illegittimità non ancora dichiarato dalla Consulta non determina, invero, un impedimento legale all’esercizio del diritto disconosciuto da atti aventi forza di legge contro il dettato della Costituzione. Il soggetto interessato è posto, invece, in una situazione di mera difficoltà di fatto, cui può reagire attivando gli ordinari mezzi di tutela e sollevando in tale sede l’incidente di costituzionalità. Ne consegue che la retroattività della pronuncia che accerta l’incostituzionalità della norma non può incidere né recupera le situazioni giuridiche ormai esaurite o consolidatesi, alle quali l’interessato non abbia ritenuto di porre rimedio con gli strumenti che l’ordinamento gli offre, ovverosia con la proposizione dell’azione giurisdizionale attraverso cui sottoporre la norma viziata alla verifica del Giudice delle leggi.
Nel caso che occupa, però, al momento della presentazione dell’istanza il rapporto non poteva considerarsi esaurito alla stregua dei richiamati principi.
5.2. Il Collegio deve, dunque, soffermarsi sulla natura del termine di cui all’art. 103, comma 4 del d.P.R. n. 382 del 1980 e sulle conseguenze correlate alla relativa decorrenza.
Se è vero che il quarto comma dell’art. 103 cit. stabilisce che «il riconoscimento dei servizi di cui ai precedenti commi può essere chiesto entro un anno dalla conferma in ruolo», per un consolidato indirizzo interpretativo, condiviso dalla Sezione (cfr. 11.6.2014, n. 3221; 4.2.2013, n.705; 20.12.2010, n. 27663) e da cui non vi è ragione per discostarsi, il termine previsto dalla norma non ha natura perentoria, «essendo in contrario senso decisivo considerare che il legislatore delegato non ha ripetuto l’espressione “a pena di decadenza”, contenuta nella precedente normativa, che è stata abrogata per incompatibilità» (cfr. C.d.S., sez. VI, 21 ottobre 2011, n. 5668; sez. VI, 27 luglio 2011, n. 4494; sez. VI, 3 febbraio 2004, n. 328; il riferimento è all’abrogato art. 17 della legge 18 marzo 1958, n. 311).
Ed invero, la giurisprudenza ha chiarito il rilievo da attribuire al termine annuale previsto dall’art. 103, quarto comma, osservando che «in ragione della eterogeneità dei servizi valutabili e delle Amministrazioni con cui i docenti hanno intrattenuto i rapporti di lavoro, in deroga ai principi generali il legislatore delegato ha previsto l’onere per il professore di curare l’esibizione all’Università della relativa documentazione.
Fin quando il professore non presenta la domanda con la relativa documentazione, non è configurabile un suo credito, né può sussistere un inadempimento dell’Università che, a titolo provvisorio, non può che corrispondere il solo trattamento economico predeterminato dalla normativa e inerente alla qualifica.
A seguito della acquisizione della documentazione, l’Università deve poi rideterminare lo stipendio spettante per la valutazione dei servizi pre-ruolo e deve corrispondere le differenze retributive, integrando gli emolumenti nel frattempo erogati a titolo provvisorio, con la prescritta decorrenza.
Ciò comporta che, finché non adempia l’onere previsto dal quarto comma dell’art. 103, per il professore si producono le seguenti conseguenze sfavorevoli:
– comincia a decorrere il termine quinquennale di prescrizione, per i singoli ratei mensili;
– per il periodo che precede la domanda e per gli emolumenti arretrati non prescritti, l’inconfigurabilità di un credito rimasto insoddisfatto comporta che non è ravvisabile un inadempimento o un ritardo imputabile, sicché non vanno liquidati anche la rivalutazione o gli interessi (Cfr. Sez. V, 9 maggio 2000, n. 2647; Sez. V, 30 ottobre 1997, n. 1224; Sez. IV, 1° ottobre 1991, n. 756) » (così C.d.S., sez. VI, n. 328/2004 cit.; nei medesimi termini, C.d.S., sez. VI, n. 4494/2011 cit.; C.d.S., sez. VI, 6 maggio 2013, n. 2412).
4.3. E’, dunque, nei termini e nei limiti sopra esposti che la domanda formulata dal ricorrente in applicazione dell’art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1990 deve trovare accoglimento.
5. Sussistono ex artt.26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c. gravi ed eccezionali motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie nei limiti e nei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Rovis, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Bruno, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)