Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 4 settembre 2014, n. 517

Riconoscimento del diritto a compensi per lavoro straordinario, notturno, festivo e indennità per pronta reperibilità

Data Documento: 2014-09-04
Area: Giurisprudenza
Massima

Nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nelle quali il ricorrente aziona diritti soggettivi (come un diritto di credito a titolo di compenso per prestazioni lavorative) nei confronti di una P.A., trova piena applicazione il principio di cui all’art. 2697 c.c., in base al quale chi fa valere in giudizio un diritto deve provare i fatti che ne costituiscono fondamento. Di conseguenza, il sistema dispositivo con metodo acquisitivo opera solamente in relazione alla giurisdizione generale di legittimità, ovvero, ove si faccia valere un interesse legittimo, alla giurisdizione esclusiva.

Contenuto sentenza

N. 00517/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00737/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 737 del 2004 proposto da Dal Poggetto [#OMISSIS#] e Prato [#OMISSIS#], rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Buscemi e [#OMISSIS#] Scuderi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni [#OMISSIS#] in Palermo, via Liberta’ n. 171; 
contro
l’Universita’ degli Studi di Catania, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliata in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81; e nei confronti dell’Assessorato regionale alla sanità e della Gestione stralcio della ex USL n. 35 di Catania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti “pro tempore”, n. c. ; 
per la riforma
della sentenza n. 394 del 2004 con la quale la terza sezione del Tar Sicilia –Catania, ha respinto il ricorso proposto dagli appellanti avverso il silenzio rifiuto formatosi sulla istanza del 5 luglio 1993 e sull’atto di diffida notificato il 3 gennaio 1994, intesi a ottenere la corresponsione dei compensi asseritamente dovuti per il lavoro straordinario svolto, con le maggiorazioni per quello reso in orario notturno e nei giorni festivi, e della indennità per il servizio di pronta reperibilità assicurato unitamente ai compensi per le prestazioni assistenziali rese in regime di incentivazione della produttività, unitamente alle maggiori somme per interessi legali e rivalutazione monetaria; e per il riconoscimento del diritto dei ricorrenti a vedersi corrispondere i compensi per lavoro straordinario, lavoro notturno, lavoro festivo e indennità di pronta reperibilità, oltre agli accessori;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica dell’8 luglio 2014 il cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e udito per la parte appellata parti l’avv. Mango; nessuno comparso per gli appellanti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso proposto nel 1994 gli odierni appellanti, all’epoca dipendenti dell’Università degli studi di Catania in qualità di funzionari tecnici, in servizio presso l’Istituto di Clinica Ortopedica e di Traumatologia, esponevano che con atto aggiuntivo alla convenzione del 3 maggio 1993, adottato in conformità alla deliberazione n. 3602/90 della USL n. 35 di Catania e all’autorizzazione n. 307/91 dell’Assessore regionale alla sanità, l’Istituto suddetto era stato trasferito dal p. o. S. [#OMISSIS#] e Villermosa al p. o. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] II, e che in conseguenza di ciò era stato fatto carico al personale, sia universitario, sia ospedaliero, oltre che dei normali compiti di istituto, anche del trattamento delle urgenze traumatologiche afferenti il pronto soccorso, 24 ore su 24.
Gli appellanti avevano prestato attività assistenziale presso una struttura universitaria convenzionata con la suddetta USL, e che costituiva, quindi, un reparto di diagnosi e cura del predetto ospedale, maturando gli stessi diritti, anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 761/79, riconosciuti al personale dipendente dell’USL, a fronte delle prestazioni di lavoro straordinario, del servizio di pronta disponibilità e della attività assistenziale resa in regime di incentivazione della produttività.
Nonostante ciò, ai dipendenti non erano stati riconosciuti i compensi in epigrafe.
Di qui le richieste, rivolte al Rettore di Catania in data 5 luglio e 12 dicembre 1993, di attribuzione dei compensi dovuti.
E il ricorso al Tar di Catania promosso, come detto, nel 1994.
Il ricorso dei dottori Dal Poggetto e Prato è stato respinto con la sentenza della terza sezione del Tar Etneo n. 394 del 2004, nella quale si premette che nel processo amministrativo, pur con i dovuti temperamenti, vige il principio dell’onere della prova, e che nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo il potere di acquisire d’ufficio la prova incontra un limite nella necessità che il ricorrente affermi fatti o circostanze idonee a costituire elementi di prova. In sentenza si legge poi che “…parte ricorrente ha solamente indicato la sussistenza di pretesi diritti a percepire determinati emolumenti indicati in modo generico, senza nessuna specificazione e senza nessuna indicazione idonea a inquadrare temporalmente e a quantificare tali diritti rapportandoli a quanto effettivamente percepito dai ricorrenti stessi e/o allegando un qualsivoglia principio di prova…”.
Il Dal Poggetto e il Prato hanno appellato la decisione contestando argomentazioni e statuizioni del giudice di primo grado ed evidenziando in particolare che i ricorrenti non si trovavano nella possibilità di quantificare i diritti economici rivendicati.
Il ricorso in appello è stato dichiarato perento con decreto del Presidente del CGA in s. g. n. 201 del 13 febbraio 2013 ai sensi dell’art. 1, comma 1, dell’Allegato 3 al d. lgs. n. 104 del 2010 (cod. proc. amm.).
Gli appellanti, nei 180 giorni successivi alla comunicazione del decreto presidenziale di perenzione, hanno notificato alle amministrazioni appellate, e hanno depositato in segreteria, un atto con cui hanno dichiarato di avere ancora interesse alla trattazione della causa cosicché, ai sensi dell’art. 1, comma 2, dell’Allegato 3 al cod. proc. amm. , hanno chiesto al Presidente del CGA di revocare il decreto di perenzione e di disporre la reiscrizione del ricorso in appello sul ruolo di merito, fissando l’udienza di trattazione.
Alla udienza dell’8 luglio 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. L’appello va deciso nel merito ai sensi dell’art. 1 dell’Allegato 3 al c. p. a. .
Esso è infondato e va respinto, per le ragioni (e con le precisazioni) che seguiranno.
Anzitutto, per quanto riguarda l’omessa pronuncia del Tar sulla domanda di annullamento del silenzio –rifiuto, in epigrafe specificato, è appena il caso di chiarire che il giudizio è solo formalmente (anche) di tipo impugnatorio. Dal punto di vista sostanziale risulta evidente che il “petitum” fatto valere rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella materia del pubblico impiego, venendo in questione, essenzialmente, la richiesta, al giudice, di esercitare i poteri, allo stesso spettanti, di accertamento del diritto e di condanna al pagamento di somme, essendo stata chiesta, appunto, la corresponsione dei compensi dovuti per l’asserito, avvenuto svolgimento di lavoro straordinario e quant’altro.
Da ciò discende la irrilevanza del profilo di censura fatto valere “in primis”.
Venendo ora al merito della questione, gli appellanti segnalano che l’onere della prova o, comunque, del principio di prova, deve tenere conto delle “indubbie difficoltà accertative” nelle quali si viene a trovare il privato, in relazione agli elementi probatori nella piena disponibilità dello stesso, di cui la parte privata possa realisticamente disporre.
Si sostiene che nella specie, diversamente da quanto ha ritenuto il giudice di primo grado, i ricorrenti non avevano alcuna possibilità di fornire elementi di prova del fondamento della pretesa fatta valere, e questo né sull’ “an” e né sul “quantum”. D’altronde è notorio che i medici che svolgono attività assistenziale in àmbito ospedaliero sono sottoposti a turni di pronta reperibilità, e che il servizio espletato a seguito di questi ultimi è compensato come lavoro straordinario.
In ogni caso –si soggiunge- , i ricorrenti hanno prodotto in giudizio l’istanza e la diffida del 5 luglio 1993 e del 3 gennaio 1994, atti idonei ad assolvere l’onere del principio di prova richiesto dalla giurisprudenza.
Anche sotto il profilo dianzi sintetizzato, la sentenza del Tar non merita le critiche che le sono state rivolte.
In termini generali il Collegio ritiene che nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nelle quali il ricorrente aziona diritti soggettivi nei confronti di una P.A., trovi piena applicazione il principio codificato dall’art. 2697 cod. civ. , secondo il quale chi intende far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Ne consegue che per le suddette controversie il sistema dispositivo con metodo acquisitivo, caratterizzato dal fatto che il giudice amministrativo può acquisire d’ufficio gli atti e documenti ritenuti necessari ai fini della risoluzione della lite purché il ricorrente fornisca almeno un principio di prova, resta necessariamente limitato alla giurisdizione generale di legittimità ovvero alla giurisdizione esclusiva ove si faccia valere un interesse legittimo (il che, nel caso di specie, non è, per quanto detto sopra, venendo in questione in via diretta l’accertamento della sussistenza in capo ai ricorrenti di un credito a titolo di compenso per prestazioni rese in regime di reperibilità e di straordinario).
Calando il principio su esposto nella fattispecie “de qua”, da un lato l’affermazione dei ricorrenti sulla impossibilità o, quantomeno, sulla difficoltà di comprovare le ragioni del credito o, perlomeno, di addurre elementi di prova rilevanti (allegando, ad es. , ordini periodici di servizio adottati dal dirigente competente e indicanti i turni di pronta disponibilità, o reperibilità, da coprire, oppure fornendo elementi indiziari su frequenza e durata delle prestazioni di lavoro straordinario svolto ecc. ecc.) appare assiomatica e tutt’altro che coerente rispetto a prassi ed esperienza.
Dall’altro, come ha correttamente rilevato il Tar, la pretesa creditoria fatta valere dai ricorrenti risulta formulata in termini oltremodo generici, “senza nessuna specificazione e senza nessuna indicazione idonea a inquadrare temporalmente e a quantificare tali diritti …” (così, in modo condivisibile, il Tar). Vale aggiungere che istanza e diffida, di per sé sole, non fanno compiere passi in avanti ai ricorrenti nella direzione della necessaria specificità della pretesa.
Di qui, la correttezza della decisione del Tar di respingere il ricorso dei dipendenti.
La natura della vertenza induce a considerare ravvisabili, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c. , eccezionali ragioni per l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del grado del giudizio.
Ogni altro motivo o eccezione, di [#OMISSIS#] o di merito, può essere assorbito in quanto ininfluente e irrilevante ai fini della presente decisione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio dell’8 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] De Lipsis, Presidente
[#OMISSIS#] Carlotti, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Mineo, Consigliere
[#OMISSIS#] Corbino, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)